sabato 16 ottobre 2010

Storia del kimono


Volendo trovare delle linee guida per interpretare la storia del kimono (e per evitare dunque una piuttosto sterile elencazione) certamente possiamo ricercarle guardando al rapporto tra due punti focali:
- Influenza cinese
- Tradizione autoctona
Da questi due punti si dipanano sfumature, molte altre linee e zone che toccano vari aspetti di questo mondo e danno origine a nuove dinamiche.

Tenendo dunque a mente che l’influenza cinese (riguardo all’abbigliamento) toccò quasi essenzialmente l’aristocrazia, mentre il popolo continuava ad abbigliarsi in modo più autenticamente giapponese, iniziamo questa panoramica.

PERIODO PREISTORICO (250-552 d.C.)
Possiamo pressa poco conoscere l’abbigliamento di questo periodo da statuette di argilla a quanto pare utilizzate come suppellettili funebri (il loro nome è haniwa che indica la forma cilindrica e la cavità interna).
Per quanto siamo ancora lontanissimi dal kimono, possiamo però notare alcuni interessanti(ssimi) particolari:
- La linea di chiusura come nel kimono
- La forma a campana
- La decorazione tipica (scaglie di pesce)
Il primo particolare interessante è la linea diagonale di chiusura (o meglio sovrapposizione) delle due estremità anteriori del vestito. Per quanto ne sia speculare, la linea di chiusura del kimono moderno è pressoché identica: dall’attaccatura del collo al fianco opposto (all’altezza dell’anca), uno dei tratti distintivi del kimono come lo conosciamo.
Un altro punto di contatto, invero più labile, è rappresentato dai pantaloni “molto larghi”, che potrebbero essere i progenitori dello hakama.
Analizzando questo aspetto nella sua eccezione più generale, ovvero il rapporto tra abito di sopra e indumento di sotto, possiamo definire così il vestiario protostorico: l’abito superiore copre l’abito inferiore (pantaloni o gonna) fin sotto la vita.
 
ASUKA e NARA
I contatti con la Cina influenzano massicciamente la cultura aristocratica giapponese, tanto che l’abbigliamento di corte è sostanzialmente cinese (babbucce cinesi, sopraveste aperta ai lati, pantaloni. ).
Il popolo invece vestiva in maniera molto simile alle statuette haniwa (togliendo ovviamente i fronzoli...)
 
HEIAN (KAMINU e SAGA) 794-897
Come nel periodo precedente
 
HEIAN – FIJIWARA (897-1185)
In questo periodo cessano le continue relazioni con la Cina e inizia a sviluppare, nell’abbigliamento di corte, un proprio stile (sia per le tessiture che per le forme). Per quanto rimanga in uso il colletto stretto alla cinese, le maniche tendono ad allargarsi sempre di più, a rendere gli abiti sempre meno pratici e più “frivoli” e “estetici”.
È il periodo di massima raffinatezza ed esasperazione formale. La figura romantica della donna giapponese dai lunghi capelli neri e dal corpo nascosto sotto innumerevoli kimono viene proprio da questo periodo: questo stile si chiama juni-hitoe (12 strati di kimono sovrapposti: si intendono kimono non foderati, sopra ad una sottoveste ed allo hakama).
La moda maschile della corte Heitan prescriveva diversi tipi di abito in base al rango e all’occasione:
- SOKUTAI: l’abito di corte dei nobili
- NOSHI: abito riservato alla nobiltà di corte per occasioni mano formali (sostanzialmente un sokutai leggermente più sobrio)
 Passando ad abiti più “pratici”...
- KARIGINU:utilizzato dai nobili nelle battute di caccia. Era più “pratico” avendo le maniche predisposte ad essere alzate e fermate e per la minor lunghezza della gonna (veniva portata a cavallo)
- SUIKAN: una versione più pratica del koriginu, con la veste superiore che era più corte e infilata dentro ai pantaloni. Veniva usata da guerrieri che servivano i nobili, da alcuni civili in occasioni formali e dai guerrieri in genere nelle occasioni più formali.
Caratteristico di questi indumenti è la sopraveste in stile cinese, con il colletto stretto e rigido. Da notare però che l’abito incassato sotto di essa era molto simile al kimono (si chiamava KOSODE).
In sostanza se al Suikan (l’abito formale dei guerrieri che servivano – SABURO- i nobili) togliamo la sopraveste otteniamo il futuro completo formale del samurai (manca lo haori).
Popolo:
- Uomo: una sorta di Suikan semplice con pantaloni al ginocchio
- Donna: un Kosode e una gonna corta sotto al ginocchio
 
KAMAKURA (1185-1333) Inizia l’era del samurai.
Con l’inizio dello shogunato MINAMOTO la classe dirigente diventa di estrazione guerriera (gli uomini che vestivano in suikan insomma...). Infatti si nota un mutamento di direzione in campo estetico, verso una maggiore frugalità e praticità (credo che nel passaggio tra l’estetica Heitan e quella Kamakura, ovvero da aristocrazia a guerrieri, vi siano le origini di molte delle complessità e peculiarità dell’estetica giapponese: raffinatezza estrema – semplicità essenziale, ecc...).
Così l’abito “principe” (ovvero l’abito tipico del guerriero) fu lo HITATARE, composto da ampli hakama e una veste superiore che somiglia nelle maniche sempre al suikan (con lacci per fermarle in alto) ma che era aperto frontalmente come un moderno haori (non siamo molto lontani dall’haori).
L’abbigliamento tipico delle donne (intendiamo le donne di famiglia guerriera) era costituito da hakama con kosode (che fino a questo periodo era considerato una sottoveste – come lo juban oggi insomma). Le maniche del kosode, che in origine erano completamente aperte, vennero parzialmente strette.
L’inizio del moderno kimono. Molto particolare poi la “mise” della donna bukke per uscire in strada:
 
MUROMACHI (1338-1568)
Inizia con l’inizio dell’shogunato Ashikaga. La classe dirigente (corte shogunale e daimyo), oramai assuefatta al potere, inizia a indulgere in raffinatezze estetiche sempre maggiori (una sorta di “aristocratizzazione”), non seguiti su questa strada dalle famiglie samurai di rango inferiore, anzi spronate da questo “rammollimento” (ai loro occhi) dei costumi, ad aumentare la sobrietà della propria condotta ed estetica.
In sostanza nulla cambiò nella forma, poichè continuarono ad indossare abiti quasi identici allo Hitatare, solamente che al posto della seta li facevano confezionare in lino e con decorazioni più sobrie.
Due erano questi abiti: il SUŌ e il DAIMON (più formale). Il DAIMON presenta per la prima volta i cinque kamon che poi rimarranno caratteristica dell’abito formale.
L’abito femminile di base divenne il kosode per tutte le classi sociali (con le ovvie differenze di qualità, tessuto,ecc..) che le donne di rango più elevato abbinavano,nelle occasioni formali all’Uchikake (ovvero kimono dalla lunga gonna riccamente decorato, sia nel ricamo che nei colori).
In estate l’uchikake veniva indossato in maniera molto particolare: veniva legato in vita e lasciato cadere dalle spalle. Sotto emergeva in kosode che a sua volta era infilato in uno hakama e strascico (questo stile è chiamato koshi-maki).
I normali cittadini (e quelli di rango più elevato)fecero un loro indumento utilizzato inizialmente dai venditori di strada, un soprakimono a giacca che pare essere il precursore dello haori, il dōbuku.
Ovviamente neppure in questo periodo mancarono, alla corte di molti Daimyo, sofisticazioni estetiche di rilievo (nella moda femminile), incentrate sulle decorazioni più che sul tipo di abbigliamento (permaneva insomma l’abbinamento kosode+uchikake).
 
EDO (TOKUGAWA) 1603-1868
In questo lungo periodo di pace e isolamento (tutti gli stranieri occidentale – salvo poche eccezioni – vennero cacciati dal Giappone) nasce il più classico stile di abbigliamento del Samurai (l’icona del Samurai) ovvero: kimono+kamishmo+hakama.
Nelle occasioni più formali a volte veniva indossato uno hakama a strascico, ma nella vita quotidiana era più corta, in pratica all’altezza della caviglia.
Questo abbigliamento ispirò lo stile della maggior parte degli uomini comuni “civili” di riguardo (come studiosi benestanti), e l’austero gusto delle famiglie samurai cedette il passo – nell’ambito della moda femminile – a stili più moderni e appariscenti.
Infatti, le donne delle classi cittadine emergenti non di famiglia samurai, presero a modello gli stili di corte e soprattutto dagli attori teatrali. Si diffuse così tra le donne nubili, il kimono a manica molto lunga – furisode – con decorazioni molto appariscenti.
Inoltre è in questo periodo che lo obi, da sempre cintura di corda e tessuto, inizia a svilupparsi in un indumento a se stante (per quanto riguarda la lavorazione, il pregio, il valore,...).
Le distinzioni nel vestire iniziano ad essere basate più sulla ricchezza, che sulla classe sociale (è solo un inizio ovviamente: le strutture di classe sono ancora salde).
Tutto questo mondo però cambierà in maniera repentina in pochi anni, nel periodo che coincide con l’inizio della restaurazione Meiji.
 
MEIJI (1868-1912)
L’influsso europeo è subitaneo e massiccio (e inoltre voluto e imposto dall’ “alto”). Vengono adottate le divide militari di stile europeo sia per i soldati che per la nobiltà (l’Imperatore stesso viene ritratto in uniforme “europea”), nonché per gli studenti (in una versione nipponica della divisa dei cadetti prussiani).
In questo periodo di velocissimi mutamenti (e di grande fascino, originalità e fervore creativo) si generarono effetti estetici molto particolare, di commistione tra elementi occidentali e giapponesi (kimono + baffi alla prussiana - hakama+scarpe- ecc... ).
Il kimono tradizionale rimane comunque l’abito per le donne, cambia il modo di portarlo: non più lungo e svolazzante, ma ben chiuso e misurato alla caviglia, con obi importanti e di pregio.
L’uomo delle classi elevate invece indossa il kimono in casa e nelle feste paesane e popolari, nei riti religiosi, in altre occasioni formali. Scompare completamente, assieme a chi lo indossava, il kamishima.
   
Dopoguerra
La II guerra mondiale diede il colpo di grazia al kimono (anche nella moda femminile); le difficoltà pratiche susseguenti alla guerra resero il kimono un indumento troppo costoso e troppo poco pratico. Inoltre l’influenza occidentale si ravvivò ancora di più.
L’effetto fu che il kimono quasi scompare totalmente.
 
OGGI
Paradossalmente la rinascita dell’interesse verso il kimono pare avere terreno fertile in Occidente (grazie anche a casazen.com ) e in Giappone si manifesta un rinnovato interesse per il kimono che sta portando allo sviluppo di nuovi stili (maniche iper-lunghe), nuove tecniche (kimono stampati con stili generati al computer) e originali commistioni (Kenzo, Casazen :)...)

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