venerdì 15 ottobre 2010

Il Kimono in occidente




E’ assolutamente evidente che il kimono (intendo con questo termine tutti gli abiti tradizionali giapponesi) è figlio della cultura (e dell’ambiente) Giapponese e da questo derivano una serie di problemi per chi volesse indossarlo in un contesto culturale occidentale.

Prima di entrare nel merito vorrei però esaminare sinteticamente i motivi per cui un occidentale vuole possedere un kimono (escludendo dalla trattazione il motivo del mero possesso, per fini estetici o di collezionismo): per indossarlo in privato come veste da casa; per indossarlo privatamente per dare risalto ed un tocco di “esoticità” alla bellezza della propria persona; per partecipare ad eventi culturali giapponesi; per dare un tocco originale ad un vestito in occasione di un ricevimento o una festa; per la pratica delle arti e discipline tradizionali nipponiche.
Possiamo dividere le occasioni sopra citate in due categorie: quelle occidentali (feste, ricevimenti, l’ambito privato) e quelle giapponesi (vie tradizionali, eventi giapponesi).

Queste due categorie portano a delle scelte molto differenti, poiché le categorie “giapponesi” impongono una scelta difficile e rispondente ai canoni della tradizione, mentre quelle “occidentali” portano a delle scelte basate sulla propria personale percezione estetica.

Iniziamo dalle categorie “giapponesi”: le prescrizioni relative all’abbigliamento tradizionale sono molto rigorose. L’abito deve essere scelto in base all’evento (matrimonio, visita di cortesia, cerimonia del tè….) ed in base alla formalità dello stesso (ci sono vari gradi di formalità per un medesimo evento: cerimonia del tè, visite di cortesia…).
Inoltre si presuppone che chi ha un gusto raffinato sappia scegliere l’abito in base alla stagione ed ai suoi colori.
Tali scelte non cadono solamente sul tipo di kimono, ma anche sulla tessitura, il materiale, gli accessori.
L’occidentale che volesse conformarsi a questi canoni troverà in primis la difficoltà della misura: è evidente che le proporzioni del tipo medio giapponese siano differenti da quelle del tipo medio europeo. Il problema maggiore che ne deriva risiede nella lunghezza delle maniche dei kimono (soprattutto da uomo), essendo le braccia del tipo europeo mediamente più lunghe.
Ovviamente la seconda difficoltà risiede nell’altezza, essendo sempre più frequente in occidente un’altezza abbondantemente al di sopra dei 180cm.
Un altro problema è legato al colore dei capelli: i colori chiari (bianco escluso) non si adattano facilmente al kimono (questo deriva ovviamente dal fatto che il kimono è stato creato e si è sviluppato esteticamente per vestire persone dai capelli neri).
Per quanto riguarda le donne può essere problematico un fisico molto formoso (un seno molto abbondante, fianchi molto larghi), poiché l’obiettivo del kimono femminile è proprio quello di annullare le formosità del corpo in un aspetto globale “cilindrico” o comunque piatto, su cui risaltano il volto, l’acconciatura ed il nodo dello Obi.

L’altro ambito di difficoltà sta nelle capacità di scelta dell’abito “giusto”: sono necessarie una conoscenza piuttosto profonda della tematica ed una certa sensibilità estetica. La prima può essere ottenuta con lo studio mentre la seconda non può che derivare da una profonda frequentazione del mondo (e della filosofia) estetica giapponese.

L’ultima difficoltà (la maggiore) sta non nell’abito ma nel rapporto tra abito e corpo, ovvero nelle movenze.
Solo indossando un kimono si può comprendere questo punto, e quanto sia forte la relazione tra il modo di vestire e la gestualità, le movenze del corpo e le modalità culturali di abbigliamento.
In linea di massima posso dire che il kimono costringe ad un portamento più controllato e rigoroso ed una maggiore attenzione al proprio corpo: ed ecco che attraverso un abito noi partecipiamo della cultura giapponese.

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