venerdì 20 luglio 2007

ONNAGATA - la Forma e la Carne


(Lo Onnagata è un attore maschio del teatro Kabuki, dedito all'interpretazioni di ruoli femminili)


"...riteneva che...un interprete di ruoli femminili fosse il figlio nato dalla relazione illecita tra i sogni e la realtà"(Mishima Yukio, Onnagata)
Lo Onnagata è tra la carne e lo spirito, si potrebbe affermare parafrasando Mishima, o ancora si potrebbe ipotizzare che esso sia una delle manifestazioni della tendenza propria della cultura giapponese a "distillare" dalla carnalità la spiritualità, la forma più eterea e pura.
Questa figura paradossale di uomo che interpreta la femminilità portandola ai suoi estremi di stilizzazione (potremo dire: idealizzandola?) rappresenta lo sforzo immane della cultura nipponica (e spesso orientale in genere) di comprendere, cogliere la Forma e il suo
Onnagata diYamamoto Hisashi
rapporto bi-univoco con la Sostanza, ovverosia di percepire il rapporto tra lo Spirito, l'Aria e la Carne, la Terra. E' una questione ovviamente centrale nella interpretazione della realtà: esiste questo rapporto? Esistono Forma e Sostanza? O forse tutto si riduce a pura materia ed il resto è solo, realmente, illusione? O è il contrario, ovvero esiste solo la Forma eterea e la materia altro non è che Illusione?
Nel racconto di Mishima, il protagonista, Masuyama, è fortemente attratto dallo Onnagata, dal suo essere Onnagata (non dall'uomo che vi è sotto il ruolo).Alla fine del racconto però lo Onnagata svela il suo interesse sensuale ed emotivo per un altro uomo, un giovane e insipido regista, e se ne va con lui verso una cena a due, come una giovane donna ad un appuntamento galante, a quel punto:." mentre li seguiva con lo sguardo, Masuyama ebbe la sensazione che in sé si fosse aperto un ombrello in stile occidentale, un ombrello grande, nero e bagnato. In quello stesso istante avvertì che le illusioni che la recitazione del grande Onnagata gli aveva trasmesso fin dall'infanzia, si erano frantumate in mille pezzi come fragili oggetti di cristallo caduti a terra" (Mishima Yukio, Onnagata)


martedì 17 luglio 2007

CENNI SUL TEATRO TRADIZIONALE GIAPPONESE

La tradizione teatrale giapponese è vasta e variegata, caratterizzata da connotati di forte simbolismo e da una rappresentazione molto "intensa", il tutto unito a caratteristiche di forte arcaismo e tradizionalismo (ovviamente esiste anche il teatro moderno, più o meno ispirato a quello occidentale, ed anche un teatro di avanguardia, ma in questa sede ci occupiamo solo di fornire una panoramica degli stili tradizionali).
Nell'avvicinarci al teatro giapponese ci troviamo di fronte a tre forme in particolare:

BUNRAKU
è il teatro di burattini, sviluppatosi nel periodo Edo. Gli attori sono appunto dei burattini piuttosto realistici di circa un metro di altezza, manovrati da degli artisti (da 1 a 3 per burattino) che rimangono dietro agli stessi.Lo spettacolo è accompagnato da voci narranti e musiche eseguite con strumenti tradizionali. Le tematiche sono simili a quelle del teatro Kabuki (vedi oltre)

Bunraku è il nome moderno (dal 1872) per definire l'arte del ningyo-joruri, che significa letteralmente: Burattini & Narrazione.
Questo termine porta i nomi dei due predecessori del Bunraku, ovverosia dei cantastorie itineranti e dei burattinai itineranti.
A quanto pare queste due arti vennero "unite" attorno al 1680 dal cantastorie Takemoto Gidayu, desideroso di sperimentare nuove vie nel suo teatro di Osaka.
Ma la sua opera non sarebbe giunta a compimento senza l'apporto di altre due persone: Chikamatsu Monzaemon - il più grande "librettista" dell'epoca - e l'impresario Takeda Izumo.
Il merito maggiore di Chikamatsu fu quello di aver scritto delle opere così toccanti e passionali da far superare in popolarità il Kabuki: opere incentrate sul tema del suicidio d'amore (shinju) ed aventi come protagonisti uomini e donne della "borghesia" cittadina. Ad Osaka, la rappresentazione dell'opera Sonezaki Shinju scatenò una serie di veri suicidi d'amore.Il contributo dell'impresario Takeda non si limitò solamente all'aspetto finanziario ma contribuì anche all'innovazione tecnica dei burattini, verso un maggiore realismo (grazie anche alla sua precedente esperienza nell'arte del Karakuri ).
Nel suo sviluppo successivo il Bunraku si avvicino molto al Kabuki nella ricerca del realismo (e nello stesso tempo il Kabuki si impadronì di alcuni stilemi del Bunraku), ma andò incontro ad un continuo declino, fino all'epoca moderna in cui è stato rivivificato anche da accurati interventi statali ed internazionali (Unesco)
>> da visitare: http://www2.ntj.jac.go.jp/unesco/bunraku/en/ (anche videoclip)

NOH
la più antica e arcaicizzante tra queste forme teatrali, risalente al 14° secolo.Gli attori recitano, secondo complesse simbologie mimiche e fonetiche-vocali, indossando delle maschere, parlando e cantando con l'accompagnamento di un coro e di suonatori di musiche tradizionali. La scena - spesso all'aperto - è scarna.

Il teatro Noh è la forma più elitaria e raffinata tra le tre, e la si ritiene creazione di due attori e scrittori (padre e figlio): Kannami e Zeami.
La storia del teatro Noh è la storia della classe militare (bukke) giapponese, di cui condivise le sorti.Infatti lo shogun Ashikaga Yoshimitsu fu il mecenate di Zeami, rendendo possibile la fioritura del teatro Noh. Questo, nel periodo Edo (1603-1868), divenne appunto il teatro dell'aristocrazia militare: ogni signore feudale (daimyo) faceva da patrono ad una compagnia di teatro Noh e spesso molti Daimyo si cimentavano in quest' arte.
Con la restaurazione Meiji (1868-1912. che segnò il declino definitivo della casta samurai) il teatro Noh rimase privo dei suoi patroni e mecenati e si avviò, anche a causa della scarsissima popolarità tra le masse, al quasi totale declino. Oggi è praticato da circa 1500 professionisti.
Il Noh è incentrato sulla figura del protagonista (shite) e sulla sua personale vicenda:in molte opere classiche il protagonista appare inizialmente come una persona normale, poi scompare e ritorna nella sua vera forma, ovvero come fantasma di un personaggio importante dell'antichità.Il suo ruolo è supportato da dei comprimari che aiutano a definire meglio le vicende ed i pensieri del protagonista e da un coro che accompagna narrando fuori campo e a volte descrivendo i reconditi pensieri del protagonista. Lo stile recitativo, la successione delle scene, tutto è estremamente ritualizzato nel Noh, rendendolo un'arte riservata a pochi professionisti che la tramandano spesso di padre in figlio, avvalendosi anche di quelli "insegnamenti segreti" propri a molte scuole tradizionali giapponesi.
>> da visitare: http://www2.ntj.jac.go.jp/unesco/noh/en/ (con videoclip)

KABUKI
la forma probabilmente più nota, caratterizzata da un grande sfarzo nei costumi e da scenografie molto elaborate. Gli attori recitano spesso con evidenti pitture facciali, accompagnati da strumenti tradizionali. Diversamente dalle altre due forme, il kabuki tra origine da una forma teatrale popolare che si svolgeva nei mercati cittadini.

Se il Noh fu il teatro dei Daimyo, il Kabuki nacque come teatro della classe borghese-mercantile e del popolino. Il Kabuki fu sempre incentrato sull'attore più che sulla trama e questo permise alle prime "compagnie" (siamo nel periodo Edo), composte da sole donne, di impadronirsi di temi e storie di altre forme teatrali o letterarie, modificandole ed incentrandole spesso sul conflitto tra le emozioni e le regole sociali.
Inizialmente il Kabuki era recitato da sole donne, fatto che poi venne proibito poiché le attrici
iniziavano ad essere troppo conosciute e simbolo di "corruzione morale" innalzata a modello (questa censura moraleggiante avvenne nel 1629 e durò 250 anni).Esse vennero sostituite da attori maschi che dovettero interpretare anche le parti femminili, cosa che portò alla nascita della figura dell'attore specializzato in parti femminili (Onnagata), una delle caratteristiche salienti del Kabuki.
Quando il teatro Bunraku ebbe il suo periodo di gloria ed il Kabuki iniziò a declinare, gli autori iniziarono ad attingere a piene mani dal Bunraku, sia nei temi e nelle trame che addirittura nelle movenze (che tenderanno ad essere simili a quelle scattanti e rigide dei burattini).Il Kabuki infatti si sviluppò come forma altamente esteticizzante e formale, caratterizzata da movenze simili alla danza (e comunque mai casuali), frequenti pose statiche statuarie ed espressioni facciali molto intense e simboliche (coadiuvate spesso dalla tipica pittura facciale)
>> da visitare: http://www.kabuki.gr.jp/pavilion/english/index2.html(con multimedia

(dalla newsletter di http://www.casazen.com/ , "Uguisu" nr2 http://www.j-studio.biz/uguisu/UGUISU2/cover.htm

La newsletter culturale di Casazen

Tempo fa pubblicavo una newsletter culturale intitolata UGUISU.
La gestione e la redazione della stessa erano piuttosto (molto) impegnativi e così ad un certo punto non c'è l'ho più fatta a trovare il tempo per seguirla.

Diciamo che ora è in "stasi" :)

Intanto pubblicherò qui gli articoli più interessanti pubblicati nei numeri usciti, con la speranza di trovare tra i lettori di questo blog dei collaboratori per far ripartire questa iniziativa culturale.
Chi volesse collaborare mi scriva una mail a info@casazen.com


lunedì 9 luglio 2007

SHINKIDO

Invito alla letura della presentazione di questa disciplina giapponese, particolarmente legata alla religione autoctona del Giappone, lo Shinto.










(Presentazione del M° Kurihara)

Lo SHINKIDO è stato fondato nel 1996 in Italia.
Shinkido significa "via del KI della Divinità della Verità", che un giorno mi è stato donato dalla Divinità dopo tanti anni di esercizi spirituali, in particolare di esercizio di "Misoghi" (purificazione) di antico Shinto.

Quando ero bambino il mio corpo era debole quindi ho imparato varie arti marziali.
Ho dedicato la maggior parte della mia giovinezza a studiare ed a cercare il modo di unificare i vari metodi nelle filosofie orientali. In montagna, facendo digiuno, ho cercato di chiedere insegnamento alle divinità della Natura. Ho praticato l’esercizio della respirazione e della meditazione per comprendere la relazione tra il corpo e la mente.
Durante un'esperienza mistica in Tibet nel 1988 e 1990, in particolare nell'88, mentre ero tra la vita e la morte quel che io ho visto è l'esistenza del Mondo della Divinità e l'importanza della propria vita come una parte della vita del Cosmo. Questa esperienza è stata indescrivibile ed ha cambiato a 180° completamente la mia vita.
Però se io avessi parlato di questa cosa nessuno mi avrebbe creduto quindi ho deciso di trasmettere alla gente l'effetto di questa esperienza, mostrandola nelle tecniche di un nuovo stile di arte marziale come l'azione energetica del Ki che forma tutte le cose, così come viene detto nel mondo orientale.
Però si deve capire la relazione tra il corpo, la mente e l’anima, cioè la relazione tra questo mondo fenomenico dove vive l’uomo e il mondo spirituale. Ho cominciato ad approfondire gli esercizi di Misoghi e un giorno ho intuito il principio fondamentale del Ki che scorre tra Cielo e Terra. Sono stato guidato dal Ki della Divinità, la mia arte marziale è stata purificata e rinnovata. Da questa sensazione completamente differente da quella che avevo mai sentito è nato lo SHINKIDO.
Con l'allenamento gli allievi praticanti cercano di unire corpo e mente idealmente alla Legge della Natura.
Seguendo il Ki della Natura fanno uscire il Ki che è allo stato latente e si fortificano.
Questo Ki, che viene utilizzato dall'unione del corpo e della mente, può diventare un ponte per aprire un'altra dimensione che supera la forza fisica.
Questo studio del Ki ha vaste applicazioni e diventa anche una chiave per far nascere una nuova scienza.
La potenza del Ki si mostra in tanti modi diversi perché dipende dal modo di usare la coscienza, dal modo in cui si affila la sensibilità e dall'utilizzo del movimento del corpo ugualmente purificato.
Dopo tanti anni di esercizio, quando si riesce ad elevare la forza di sintonia del Ki a livello dell'anima, si è costretti a sentire la presenza della forza che controlla e unisce tutte le cose che esistono nel mondo fenomenico, che appaiono indipendenti, ma sono controllate ed unite in un'altra dimensione più profonda, e si intuisce il "Ki della Divinità " (SHINKI) come azione energetica che è mostrata da questa grande forza.
La nostra anima è sempre protetta da questo " Ki della Divinità " cioè la nostra presenza, che è formata dal Ki della Divinità, si sintonizza continuamente con il Cosmo quindi, quando il cuore è purificato e si armonizza il movimento del corpo alle leggi della natura, chiunque può mostrare la forza dell'anima, cioè la propria capacità latente, in questo modo siamo stati creati.
Per armonizzare tre onde (tre modi di Ki) fisica – mentale – spirituale, ho sistemato nello Shinkido, cinque metodi e dodici principi.
Perché io, praticante del Budo, mi ostino a parlare di questo Ki della Divinità?
Perché, come ho detto prima, quando ero piccolo il mio corpo era debole ed andavo sempre in ospedale, i miei genitori mi hanno consigliato di studiare arti marziali per farmi crescere forte e mi hanno portato a pregare nel tempio per essere protetto.
Così, senza che me ne accorgessi, io ho aspirato alla forza e si è formata nel mio cuore una profonda fede verso Dio che supera la forza dell'uomo.
Io non faccio arti marziali come religione, ma l'arte marziale che io ricerco è senz'altro apprendimento delle tecniche per HAJAKENSEI (fermare cattiveria e costruire le cose giuste), in particolare per realizzare la vera salute del corpo e della mente pulendo l'energia negativa, che nasce dentro ognuno di noi, attraverso la pratica; quindi successivamente fare uscire la capacità della spiritualità di se stessi per la propria felicità e per quella degli altri e per lo sviluppo della società e del paese.Lo scopo dell'allenamento dell'arte marziale è formare il vero coraggio per ricercare le proprie possibilità togliendo la propria debolezza, cioè l'immagine falsa di se stessi, quindi non prevalere sugli altri.Quindi la possibilità di se stessi è praticamente credere nella propria spiritualità che crea il domani, il futuro.
La sensibilità dell'uomo può essere affilata quando sinceramente ascolta la voce della propria anima. In Giappone nell'antichità esisteva una parola "SHINJINGOITSU" (Unione fra uomo e Divinità) ciò vuol dire che quando l'uomo comprende l'essenza, la presenza, la qualità innata di se stesso può mostrare la forza della Divinità come figlio di Dio. In Giappone anticamente avevano intuito questo mondo della Divinità, poi con una lunghissima pratica spirituale hanno stabilito il metodo di unirsi con le Divinità, di conseguenza il modo di vita giapponese è diventato naturalmente "KANNAGARA NO MICI" (la strada che vive insieme a Dio). Da ciò tante arti marziali tradizionali giapponesi hanno preso il metodo come esercizio spirituale, poi l'hanno insegnato come segreto profondo di ogni stile, quindi se Shinto è considerato come un'antica fede giapponese, ciò può essere male interpretato e non ci fa comprendere il Giappone e i giapponesi. Infatti, dei maestri di arti marziali, cercavano di sublimare le tecniche mortali utilizzando tecniche per fermare la cattiveria e insegnare cose giuste come Via "HAJAKENSEI NO MICI", chiedendo consiglio alle Divinità.
È naturale che i samurai, che vivevano tra la vita e la morte volevano la forza assoluta come forza di Dio per poter vivere domani. In fondo le arti marziali giapponesi vivono questa sensibilità particolare, ci sono tanti samurai che sono riusciti ad entrare nel mondo delle Divinità superando il livello religioso.
Lo Shinkido è stato creato seguendo il Ki della Divinità, perciò parlare solo dell'amore, dell'armonia oppure della spiritualità è inutile, l'importante è affilare la sensibilità praticando molto, mostrando entusiasmo nelle tecniche, così facendo le emozioni sono trasmesse agli altri.
Questo può essere detto per tutte le arti. Quando qualcuno si trova in una situazione difficile nella vita, riflettendo su se stesso deve cercare di affilare il cuore ricercando il Ki della Divinità, continuare l'esercizio per seguire la legge della Natura, poi questo effetto deve essere trasmesso alla società per la propria felicità e per quella di altre persone. Io credo che così l'anima dell'uomo cresce e poi alla fine segue l'intenzione di Dio. Con la pratica dello Shinkido, non essendo l'uomo perfetto, chi ha il corpo debole diventa forte, i giovani irruenti imparano l'etichetta e la socialità e così contribuiscono alla crescita della società stessa. Così infine, se ciò viene realizzato, diventa meraviglioso comprendere il cuore di Dio, camminare insieme a Lui ricercando i propri valori come l'essenza del Cosmo. Questo è uno degli scopi dello SHINKIDO.
M° K. Kurihara


links
http://www.shinkido.org/indice.htm

http://gyoshudojo.splinder.com/

giovedì 5 luglio 2007

gli ONI - 1

Prendo lo spunto dalla presentazione di un abito ritarente uno Oni su http://www.casazen.com/ per questo breve post sugli Oni.

Con ONI si indica una serie di creature antropomorfe mostruose del folklore giapponese: il tipo più noto è quello simile ad una specie di orco, dalle zanne lunghe e recante corna, con la pelle di colore innaturale e vivido (rosso, blu, verde).
Gli ONI sono stati introdotti nella cultura popolare occidentale grazie ai manga e soprattutto ai cartoni animati (vedi su tutti: Lamù, la cui protagonista è appunto una Oni, molto sui generis).

Antropologicamente parlando si potrebbero interpretare come incarnazioni delle forze naturali archetipe, caotiche e spaventose (un pò come gli Jotun della tradizione germanica o i Titani di quella greca).

La cosa più interessante da notare è la loro sopravvivenza (anzi la loro vitalità) nella attuale cultura popolare giapponese (festival, produzioni artistiche, manga, oggettistica, rituali, films, videogames, ecc ecc).


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DA WIKIPEDIA http://it.wikipedia.org/wiki/Oni
...
I ritratti degli oni variano notevolmente tra loro, ma normalmente li ritraggono come creature giganti e mostruose, con artigli taglienti, capelli selvaggi e due lunghe corna che crescono dalla loro testa. Sono fondamentalmente umanoidi, ma occasionalmente sono ritratti con caratteristiche innaturali, come molti occhi o dita delle mani e dei piedi extra. La loro pelle può essere di colori diversi, ma quelli più comuni sono il rosso, blu, nero, rosa e verde. Il loro aspetto feroce viene spesso accentuato dalla pelle di
tigre che tendono ad indossare e dalla mazza ferrata da loro favorita, detta kanabō (金棒, kanabō?). Questo modo di immaginarli ha generato l'espressione oni con la mazza ferrata (鬼に金棒, oni con la mazza ferrata?), cioè "invincibile" o "imbattibile". Può anche essere usata nel senso di "forte oltre i forti", o di migliorare o incrementare le proprie capacità naturali mediante l'uso di un attrezzo.

Origini comportamento
Nelle prime leggende gli oni come per esempio la ragazza del pozzo erano creature benevole ritenute capaci di tenere alla larga
spiriti maligni malvagi e malevoli e di punire i malfattori. Durante l'era Heian il Buddhismo giapponese, che aveva già importato una parte della demonologia indiana (rappresentata da figure come i kuhanda, gaki e altri) incorporò queste credenze chiamando queste creature aka-oni ("oni rosso") e ao-oni ("oni blu") e facendone i guardiani dell'inferno o torturatori delle anime dannate. Alcune di queste creature erano riconosciute come incarnazioni di spiriti shinto.
Con il passare del tempo la forte associazione degli oni con il male contagiò il modo in cui venivano percepite queste creature e vennero ad essere considerate come portatori o agenti delle calamità. I racconti popolari e teatrali iniziarono a descriverli come bruti stupidi e sadici, felici di distruggere. Si disse che gli stranieri ed i barbari fossero oni. Oggigiorno sono variamente descritti come spiriti dei morti, della terra, degli antenati, della
vendetta, della pestilenza o della carestia. Non importa quale sia la loro essenza, gli oni odierni sono qualcosa da evitare e da tenere a bada.
Fin dal
X secolo gli oni sono stati fortemente associati con il nord-est (kimon), particolarmente nella tradizione detta onmyōdō di origine cinese. I templi sono spesso orientati verso questa direzione per prevenirne gli influssi nefasti e molti edifici giapponesi hanno indentazioni a forma di "L" in questa direzione per tenere lontani gli oni. I templi Enryakuji, sul Monte Hiei a nord-est del centro di Kyoto e Kaneiji, che erano a collocati a nord-est delle dimore imperiali, ne sono un esempio. La capitale giapponese stessa fu spostata verso nord-est da Nagaoka a Kyoto nell'VIII secolo.
Alcuni villaggi tengono cerimonie annuali per tenere lontani gli oni, specialmente all'inizio della
primavera. Durante la festa del Setsubun la gente scaglia fagioli di soia fuori dalle case gridando «Oni wa soto! Fuku wa uchi!» ("Oni fuori! Fortuna dentro!"). Secondo un'altra tradizione di origine taoista si ritiene che alcuni oni possano fare delazioni alle divinità sui peccati dell'uomo, perciò la nota rappresentazione delle tre scimmie che «non vedono, non sentono e non parlano» (con un gioco di parole in giapponese: «mizaru, kikazaru, iwazaru») ha valore talismanico perché impedirebbe a questi spiriti di agire malevolmente. Rimangono comunque alcune vestigia dell'antica natura benevola degli oni. Per esempio uomini in costume da oni conducono spesso le parate giapponesi per tenere lontana la sfortuna. Gli edifici giapponesi a volte includono tegole del tetto con la faccia da oni per tenere lontana la sfortuna, in maniera simile ai gargoyle della tradizione occidentale. Nella versione giapponese del gioco acchiapperella il giocatore che sta sotto è invece chiamato "l'oni".

Le radici storiche degli Oni
È stato proposto che gli Oni non siano altro che una trasposizione degli
Ainu, antica popopolazione europoide del Nord del Giappone, che tuttora sopravvive nell' isola settentrionale di Hokkaido. Si sa che i giapponesi consideravano gli Ainu esseri animaleschi a causa delle caratteristiche fisiche differenti e della forte pelosità, cha ancora oggi manifestano. Nelle leggende infine gli Oni furono sconfitti, un eco nell'iconografia popolare delle guerre di sterminio che i Giapponesi condussero per secoli contro gli Ainu.

mercoledì 4 luglio 2007

ARAKI - mostra a Milano
























Galleria Cà di Frà
Sede Via Carlo Farini, 2, Milano 20154Altre informazioni Tel +39 02 29002108

Orari: Inaugurazione: giovedì 21 giugno 2007, dalle ore 18.00 alle 21.00Periodo: dal 21 giugno al 27 luglio 2007Orari: lunedì-venerdì, ore 10.00-13.00 / 15.00-19.00; sabato su appuntamento


Più che volentieri segnaliamo questa mostra dedicata a NOBUYOSHI ARAKI, fotografo giapponese di fama mondiale, anche grazie alle sua scelte provocatorie ed alla sua attenzione per il soggetto femminile e l'erotismo.

I suoi ritratti erotici e muliebri sono spesso dei capalovaori di forma e di intensità emotiva, anche se forse i soggetti erotici tendono a far passare in secondo piano altre sue fotografie a mio parere emotivamente ancora più intense (come la serie dedicata alla moglie o al gatto Chiro, o ancora alcuni ritratti di bambini).

In ogni caso Araki incarna in maniera vivida la tradizione estetica e poetica giapponese, "nascondendela" dietro soggettie d ambientazioni moderne.
Ma lo spirito è quello, senza dubbio.

Una lieve malinconia percorre tutte le sue opere più significative, la lieve malinconia di chi contempla il mondo con gli occhi ben aperti e consapevoli...

Quanto rimpianto!
Saputo avessi in tempo
che così presto
moriva, tutto il mondo
le avrei fatto vedere
(Yamanoue Okura)