martedì 17 luglio 2007

CENNI SUL TEATRO TRADIZIONALE GIAPPONESE

La tradizione teatrale giapponese è vasta e variegata, caratterizzata da connotati di forte simbolismo e da una rappresentazione molto "intensa", il tutto unito a caratteristiche di forte arcaismo e tradizionalismo (ovviamente esiste anche il teatro moderno, più o meno ispirato a quello occidentale, ed anche un teatro di avanguardia, ma in questa sede ci occupiamo solo di fornire una panoramica degli stili tradizionali).
Nell'avvicinarci al teatro giapponese ci troviamo di fronte a tre forme in particolare:

BUNRAKU
è il teatro di burattini, sviluppatosi nel periodo Edo. Gli attori sono appunto dei burattini piuttosto realistici di circa un metro di altezza, manovrati da degli artisti (da 1 a 3 per burattino) che rimangono dietro agli stessi.Lo spettacolo è accompagnato da voci narranti e musiche eseguite con strumenti tradizionali. Le tematiche sono simili a quelle del teatro Kabuki (vedi oltre)

Bunraku è il nome moderno (dal 1872) per definire l'arte del ningyo-joruri, che significa letteralmente: Burattini & Narrazione.
Questo termine porta i nomi dei due predecessori del Bunraku, ovverosia dei cantastorie itineranti e dei burattinai itineranti.
A quanto pare queste due arti vennero "unite" attorno al 1680 dal cantastorie Takemoto Gidayu, desideroso di sperimentare nuove vie nel suo teatro di Osaka.
Ma la sua opera non sarebbe giunta a compimento senza l'apporto di altre due persone: Chikamatsu Monzaemon - il più grande "librettista" dell'epoca - e l'impresario Takeda Izumo.
Il merito maggiore di Chikamatsu fu quello di aver scritto delle opere così toccanti e passionali da far superare in popolarità il Kabuki: opere incentrate sul tema del suicidio d'amore (shinju) ed aventi come protagonisti uomini e donne della "borghesia" cittadina. Ad Osaka, la rappresentazione dell'opera Sonezaki Shinju scatenò una serie di veri suicidi d'amore.Il contributo dell'impresario Takeda non si limitò solamente all'aspetto finanziario ma contribuì anche all'innovazione tecnica dei burattini, verso un maggiore realismo (grazie anche alla sua precedente esperienza nell'arte del Karakuri ).
Nel suo sviluppo successivo il Bunraku si avvicino molto al Kabuki nella ricerca del realismo (e nello stesso tempo il Kabuki si impadronì di alcuni stilemi del Bunraku), ma andò incontro ad un continuo declino, fino all'epoca moderna in cui è stato rivivificato anche da accurati interventi statali ed internazionali (Unesco)
>> da visitare: http://www2.ntj.jac.go.jp/unesco/bunraku/en/ (anche videoclip)

NOH
la più antica e arcaicizzante tra queste forme teatrali, risalente al 14° secolo.Gli attori recitano, secondo complesse simbologie mimiche e fonetiche-vocali, indossando delle maschere, parlando e cantando con l'accompagnamento di un coro e di suonatori di musiche tradizionali. La scena - spesso all'aperto - è scarna.

Il teatro Noh è la forma più elitaria e raffinata tra le tre, e la si ritiene creazione di due attori e scrittori (padre e figlio): Kannami e Zeami.
La storia del teatro Noh è la storia della classe militare (bukke) giapponese, di cui condivise le sorti.Infatti lo shogun Ashikaga Yoshimitsu fu il mecenate di Zeami, rendendo possibile la fioritura del teatro Noh. Questo, nel periodo Edo (1603-1868), divenne appunto il teatro dell'aristocrazia militare: ogni signore feudale (daimyo) faceva da patrono ad una compagnia di teatro Noh e spesso molti Daimyo si cimentavano in quest' arte.
Con la restaurazione Meiji (1868-1912. che segnò il declino definitivo della casta samurai) il teatro Noh rimase privo dei suoi patroni e mecenati e si avviò, anche a causa della scarsissima popolarità tra le masse, al quasi totale declino. Oggi è praticato da circa 1500 professionisti.
Il Noh è incentrato sulla figura del protagonista (shite) e sulla sua personale vicenda:in molte opere classiche il protagonista appare inizialmente come una persona normale, poi scompare e ritorna nella sua vera forma, ovvero come fantasma di un personaggio importante dell'antichità.Il suo ruolo è supportato da dei comprimari che aiutano a definire meglio le vicende ed i pensieri del protagonista e da un coro che accompagna narrando fuori campo e a volte descrivendo i reconditi pensieri del protagonista. Lo stile recitativo, la successione delle scene, tutto è estremamente ritualizzato nel Noh, rendendolo un'arte riservata a pochi professionisti che la tramandano spesso di padre in figlio, avvalendosi anche di quelli "insegnamenti segreti" propri a molte scuole tradizionali giapponesi.
>> da visitare: http://www2.ntj.jac.go.jp/unesco/noh/en/ (con videoclip)

KABUKI
la forma probabilmente più nota, caratterizzata da un grande sfarzo nei costumi e da scenografie molto elaborate. Gli attori recitano spesso con evidenti pitture facciali, accompagnati da strumenti tradizionali. Diversamente dalle altre due forme, il kabuki tra origine da una forma teatrale popolare che si svolgeva nei mercati cittadini.

Se il Noh fu il teatro dei Daimyo, il Kabuki nacque come teatro della classe borghese-mercantile e del popolino. Il Kabuki fu sempre incentrato sull'attore più che sulla trama e questo permise alle prime "compagnie" (siamo nel periodo Edo), composte da sole donne, di impadronirsi di temi e storie di altre forme teatrali o letterarie, modificandole ed incentrandole spesso sul conflitto tra le emozioni e le regole sociali.
Inizialmente il Kabuki era recitato da sole donne, fatto che poi venne proibito poiché le attrici
iniziavano ad essere troppo conosciute e simbolo di "corruzione morale" innalzata a modello (questa censura moraleggiante avvenne nel 1629 e durò 250 anni).Esse vennero sostituite da attori maschi che dovettero interpretare anche le parti femminili, cosa che portò alla nascita della figura dell'attore specializzato in parti femminili (Onnagata), una delle caratteristiche salienti del Kabuki.
Quando il teatro Bunraku ebbe il suo periodo di gloria ed il Kabuki iniziò a declinare, gli autori iniziarono ad attingere a piene mani dal Bunraku, sia nei temi e nelle trame che addirittura nelle movenze (che tenderanno ad essere simili a quelle scattanti e rigide dei burattini).Il Kabuki infatti si sviluppò come forma altamente esteticizzante e formale, caratterizzata da movenze simili alla danza (e comunque mai casuali), frequenti pose statiche statuarie ed espressioni facciali molto intense e simboliche (coadiuvate spesso dalla tipica pittura facciale)
>> da visitare: http://www.kabuki.gr.jp/pavilion/english/index2.html(con multimedia

(dalla newsletter di http://www.casazen.com/ , "Uguisu" nr2 http://www.j-studio.biz/uguisu/UGUISU2/cover.htm

2 commenti:

FrancescaG ha detto...

Stavo cercando informazioni sul kabuki e mi sono imbattuta in questo bel blog :) già che ci sono ti volevo chiedere se puoi consigliarmi qualche testo dato che stavo pensando di incentrare la mia tesi di laurea proprio sul simbolismo del costume nel kabuki !

grazie ;)

Andrea ha detto...

Ciao.
Libri specifici sulla simbologia del costumne del kabuki non credo ve ne siano.
In ogni caso sappi che la simbologia presente sui kimono del kabuki e la medesima dei kimono tradizionali e delle arti decorative tradizionali.
Per quanto riguarda il significato degli abiti in sé ed il loro "senso" ti posso dire innanzitutto che sono una "esagerazione" stilizzata dell'estetica tradizionale, poi il tema è ben più vasto....
Ti consiglio senz'altro questo testo:
"IL TEATRO GIAPPONESE" di Benito Ortolani - Bulzoni editore