venerdì 14 settembre 2007

La Danza Giapponese


Avvicinarsi alla danza tradizionale giapponese (ed anche alle sue fioriture moderne - come la danza BUTOH) aiuta a guardare con occhi differenti all'arte-dei-corpi-in-movimento, così antica e radicata nel nostro essere (anche i nostri cugini, i Primati, ballano).
Consiglio la lettura di questo saggio:

Il significato religioso della danza nei daikagura di Amanda Ronzoni
che così inizia:
"La danza nell'Occidente moderno(2) ha sempre sofferto di un pregiudizio: quello religioso (cristiano), che la vedeva indissolubilmente legata al corpo e per questo fonte di peccato. Troppo vicina alle pratiche del culto pagano(3), non era certo uno strumento degno ai fini della glorificazione divina.In particolare, il processo di "messa al bando" come pratica religiosa culmina nei XV e XVII, periodo in cui la modernità vede la luce, in cui "l'originalità rispetto a passato sta in nuovi strumenti psicologici, politici, giudiziari, culturali, di penetrazione nel corpo sociale, ma le cui radici affondano saldamente nella tradizione platonico-cristiana"(4).Si tratta di un periodo in cui emerge lucida la volontà di separare la danza dal mondo simbolico e di farla rientrare in uno schema binario di contrapposizioni: bene/male, sacro/profano, anima/corpo. La danza viene definitivamente allontanata dal "gioco dell'ambivalenza", ovvero da "quell'apertura di senso che, vedendo prima della decisione dei significati, li può mettere tutti in gioco con il corredo delle loro iscrizioni in quell'operazione simbolica in cui il sapere perde la sua presa, perché la delimitazione dei campi in cui da sempre si è esercitato si è simbolicamente confusa"(5).Se con "primitivo" non intendiamo esprimere una fase evolutiva dello spirito umano (e quindi non intendiamo esprimere un giudizio sprezzante), ma una struttura realizzata nell'oggi come nel passato più remoto(6), allora ci accorgeremo che la danza, all'interno di una cultura definita "primitiva", è la libera espressione di una propria identità polisemica, espressione che "vive il corpo come apertura al mondo"(7).Nel momento in cui i simboli non sono rimando a cose nascoste, ma endiadi, "fusione di identità", è più facile cogliere come contigue le dimensioni del sacro e della danza ad esso legata. Una volta allontanati la danza e il corpo dal sacro, è necessario ricollocarli, ridefinirli, ripulirli. Ne esce così una danza ridotta a gesto "addomesticato", un corpo ridotto a superficie, "il più chiuso, il più liscio possibile, senza pecche, senza orifizi, senza difetti"(8), mero ricettacolo di un'anima pura.Nelle culture in cui il corpo non è visto in antitesi all'anima, ben altro ruolo spetta alla danza. Sono gli dei i depositari di quest'arte, di questa forma di comunicazione(9). In numerose tradizioni culturali la danza è un dono degli dei all'uomo. La danza è il movimento, il movimento è vita. E il corpo è al centro della danza, più precisamente è la danza stessa. Danzare è un tutt'uno con la vita, con il culto degli dei, con la preghiera. Gli dei danzano, come gli astri nel cielo, e l'uomo danzando imita gli dei, se li grazia. danzare significa allora prendere parte al governo divino dell'ordine cosmico. La danza è un movimento enfatizzato ed enfatico, una forma di comunicazione peculiare che irradia dal corpo, un piano spazio-temporale che trascende, ma non prescinde, la quotidiana e comune realtà spazio-temporale.E un posto particolare occupa la danza nella tradizionale religioso-culturale del Giappone. La danza eseguita dalla dea Ame no Uzume, per convincere la dea del sole Amaterasu ad uscire dal suo ritiro forzato, è all'origine della danza kagura. Il popolo giapponese ha un rapporto particolare con la danza. (...)
continua su http://www.nipponico.com/tesi/ronzoni_amanda/introduzione.php(

(Photo by Peter Kun Frary )

Nessun commento: