Grazie alla gentilezza di una corrispondente telematica, segnalo questa interessante illustratrice, Haruyo Morita, che coniuga i temi tradizionali a tecniche e gusto moderni.
venerdì 30 novembre 2007
venerdì 26 ottobre 2007
HAKAMA - 1
Il termine Hakama indica vari tipi di gonna-pantalone, alcuni divisi come dei pantaloni, altri uniti come una gonna vera e propria, con varie proporzioni e vari colori, i più comuni nelle arti marziali sono l'indaco ed il nero.
Le pieghe dello Hakama secondo alcuni rappresentano le cinque virtù del confucianesimo (filosofia che contribuì alla formazione dell'etica della classe guerriera giapponese, assieme al buddhismo Zen ed ad altre religioni e filosofie). ..ma il tema è piuttosto dibattuto, comuqnue la tesi è sostenuta anche da persone giapponesi praticanti di arti marziali.
Segnalo un interssante video istruttivo su come piegare gli HAKAMA (ed anche il kendogi):
Le pieghe dello Hakama secondo alcuni rappresentano le cinque virtù del confucianesimo (filosofia che contribuì alla formazione dell'etica della classe guerriera giapponese, assieme al buddhismo Zen ed ad altre religioni e filosofie). ..ma il tema è piuttosto dibattuto, comuqnue la tesi è sostenuta anche da persone giapponesi praticanti di arti marziali.
Segnalo un interssante video istruttivo su come piegare gli HAKAMA (ed anche il kendogi):
Hakama per le arti marziali li trovate qui http://www.casazen.com/arti_marziali
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martedì 23 ottobre 2007
Arti Marziali Giapponesi
E' stata aperta sul sito Casazen una nuova sezione dedicata alla Arti Marziali giapponesi, in cui vengono presentati indumenti ed atrezzature originali giapponesi e di qualità.
Ma non solo...credo che tale nuova sezione sia una novità assoluta nel panorama degli articoli per arti marziali, in quanto sono stati selezionati solo articoli realizzati senza causare sofferenza o morte o sfruttamento di animali: in inglese diremo "cruelty free", in sanscrito che seguono l'etica "ahimsa". Paradossale? Io non credo e riporto qui le considerazioni iontroduttive che faccio in questa nuova sezione:
Ma non solo...credo che tale nuova sezione sia una novità assoluta nel panorama degli articoli per arti marziali, in quanto sono stati selezionati solo articoli realizzati senza causare sofferenza o morte o sfruttamento di animali: in inglese diremo "cruelty free", in sanscrito che seguono l'etica "ahimsa". Paradossale? Io non credo e riporto qui le considerazioni iontroduttive che faccio in questa nuova sezione:
Tutti gli articoli per le arti marziali che troverete in queste pagine sono stati realizzati nel pieno rispetto della vita delle creature senzienti animali: non vi sono parti in pelle, seta, lana ecc ecc.
Questa è una scelta etica e che si allaccia al concetto di Ahimsa, ovvero l'assenza di intenti offensivi nei confronti di altre creature.
Forse a qualcuno parrà un controsenso selezionare articoli di questo tipo per delle pratiche che fanno ricorso alla violenza (intesa come uso della forza), ma la realtà non è così lineare: a mio modesto parere il cuore dell'insegnamento delle arti marziali orientali e giapponesi è quello di trascendere dal legame tra uso della forza e desiderio di offendere l'Altro. Status mentale difficilissimo da ottenere ovviamente ma non impossibile, la cui prima fase è sicuramente quella (come nel campo del kendo insegnò anche e in special modo Yamaoka Tesshu, parlando dello stato del "non c'è avversario") l'identificazione dell'individuale (ji: relativo. particolare) con l'uni versale (ri, assoluto, tutto).
Questo è il mio pensiero a riguardo delle arti marziali e della assenza di volontà di fare violenza
Questa è una scelta etica e che si allaccia al concetto di Ahimsa, ovvero l'assenza di intenti offensivi nei confronti di altre creature.
Forse a qualcuno parrà un controsenso selezionare articoli di questo tipo per delle pratiche che fanno ricorso alla violenza (intesa come uso della forza), ma la realtà non è così lineare: a mio modesto parere il cuore dell'insegnamento delle arti marziali orientali e giapponesi è quello di trascendere dal legame tra uso della forza e desiderio di offendere l'Altro. Status mentale difficilissimo da ottenere ovviamente ma non impossibile, la cui prima fase è sicuramente quella (come nel campo del kendo insegnò anche e in special modo Yamaoka Tesshu, parlando dello stato del "non c'è avversario") l'identificazione dell'individuale (ji: relativo. particolare) con l'uni versale (ri, assoluto, tutto).
Questo è il mio pensiero a riguardo delle arti marziali e della assenza di volontà di fare violenza
Ecco l'indirizzo http://www.casazen.com/arti_marziali/index.htm
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venerdì 19 ottobre 2007
Noren
Uno degli elementi tipici del paesaggio urbano e domestico del Giappone tradizioanle è il NOREN 暖簾, ovvero una tendina di varia misura, colore e dimensione, che viene apposta all'ingresso di un ambiente: oggi si crede sia una specificità di negozi, ristoranti, alberghi, terme ecc ecc, per fare sia da leggera separazione interno/esterno sia da "cartello"ma in origine (quantomeno dal periodo Kamakura, 1185-1333) il Noren nasce per la casa, per l'abitazione privata, per fare ombra e proteggere dal vento...
Ve ne sono una grandissima varietà, dagli stile tradiionali a quelli moderni e rappresentano anche un'ottima soluzione decorativa per la casa, sia per separare un ambiente da un altro (ove non ci sono porte ovviamente...quanto spazio si guadagnma in casa levando le porte interne quando è possibile farlo! magari non della cucina o del bagno evidentemente, ma soggiorni, anticamere ecc ecc senz'altro) sia per dare colore ad una finestra o ad una portafinsetra che dà sull'esterno.
A questo link trovate moltissime foto di negozi ecc giapponesi con i loro Noren.
Mentre se volete acquistare un Noren, Casazen vi attende :) cliccate qui
venerdì 28 settembre 2007
Mostra architettura contemporanea giapponese
PARALLEL NIPPON
Architettura Giapponese Contemporanea 1996 – 2006
mostra 7 novembre 2007 - 7 gennaio 2008
lun-ven 9-12.30/13.30-18.30 merc fino alle 17.30 sab 9.30-13
conferenza venerdì 9 novembre 2007 ore 18.30 (data da confermare)
di Riichi Miyake, Ordinario di Storia dell’Architettura, Keio University
Istituto Giapponese di Cultura
via Antonio Gramsci 74 00197 Roma tel 06 3224754 / 94 http://www.jfroma.it/ ingresso libero
Architettura Giapponese Contemporanea 1996 – 2006
mostra 7 novembre 2007 - 7 gennaio 2008
lun-ven 9-12.30/13.30-18.30 merc fino alle 17.30 sab 9.30-13
conferenza venerdì 9 novembre 2007 ore 18.30 (data da confermare)
di Riichi Miyake, Ordinario di Storia dell’Architettura, Keio University
Istituto Giapponese di Cultura
via Antonio Gramsci 74 00197 Roma tel 06 3224754 / 94 http://www.jfroma.it/ ingresso libero
venerdì 14 settembre 2007
La Danza Giapponese
Avvicinarsi alla danza tradizionale giapponese (ed anche alle sue fioriture moderne - come la danza BUTOH) aiuta a guardare con occhi differenti all'arte-dei-corpi-in-movimento, così antica e radicata nel nostro essere (anche i nostri cugini, i Primati, ballano).
Consiglio la lettura di questo saggio:
Il significato religioso della danza nei daikagura di Amanda Ronzoni
che così inizia:
"La danza nell'Occidente moderno(2) ha sempre sofferto di un pregiudizio: quello religioso (cristiano), che la vedeva indissolubilmente legata al corpo e per questo fonte di peccato. Troppo vicina alle pratiche del culto pagano(3), non era certo uno strumento degno ai fini della glorificazione divina.In particolare, il processo di "messa al bando" come pratica religiosa culmina nei XV e XVII, periodo in cui la modernità vede la luce, in cui "l'originalità rispetto a passato sta in nuovi strumenti psicologici, politici, giudiziari, culturali, di penetrazione nel corpo sociale, ma le cui radici affondano saldamente nella tradizione platonico-cristiana"(4).Si tratta di un periodo in cui emerge lucida la volontà di separare la danza dal mondo simbolico e di farla rientrare in uno schema binario di contrapposizioni: bene/male, sacro/profano, anima/corpo. La danza viene definitivamente allontanata dal "gioco dell'ambivalenza", ovvero da "quell'apertura di senso che, vedendo prima della decisione dei significati, li può mettere tutti in gioco con il corredo delle loro iscrizioni in quell'operazione simbolica in cui il sapere perde la sua presa, perché la delimitazione dei campi in cui da sempre si è esercitato si è simbolicamente confusa"(5).Se con "primitivo" non intendiamo esprimere una fase evolutiva dello spirito umano (e quindi non intendiamo esprimere un giudizio sprezzante), ma una struttura realizzata nell'oggi come nel passato più remoto(6), allora ci accorgeremo che la danza, all'interno di una cultura definita "primitiva", è la libera espressione di una propria identità polisemica, espressione che "vive il corpo come apertura al mondo"(7).Nel momento in cui i simboli non sono rimando a cose nascoste, ma endiadi, "fusione di identità", è più facile cogliere come contigue le dimensioni del sacro e della danza ad esso legata. Una volta allontanati la danza e il corpo dal sacro, è necessario ricollocarli, ridefinirli, ripulirli. Ne esce così una danza ridotta a gesto "addomesticato", un corpo ridotto a superficie, "il più chiuso, il più liscio possibile, senza pecche, senza orifizi, senza difetti"(8), mero ricettacolo di un'anima pura.Nelle culture in cui il corpo non è visto in antitesi all'anima, ben altro ruolo spetta alla danza. Sono gli dei i depositari di quest'arte, di questa forma di comunicazione(9). In numerose tradizioni culturali la danza è un dono degli dei all'uomo. La danza è il movimento, il movimento è vita. E il corpo è al centro della danza, più precisamente è la danza stessa. Danzare è un tutt'uno con la vita, con il culto degli dei, con la preghiera. Gli dei danzano, come gli astri nel cielo, e l'uomo danzando imita gli dei, se li grazia. danzare significa allora prendere parte al governo divino dell'ordine cosmico. La danza è un movimento enfatizzato ed enfatico, una forma di comunicazione peculiare che irradia dal corpo, un piano spazio-temporale che trascende, ma non prescinde, la quotidiana e comune realtà spazio-temporale.E un posto particolare occupa la danza nella tradizionale religioso-culturale del Giappone. La danza eseguita dalla dea Ame no Uzume, per convincere la dea del sole Amaterasu ad uscire dal suo ritiro forzato, è all'origine della danza kagura. Il popolo giapponese ha un rapporto particolare con la danza. (...)
continua su http://www.nipponico.com/tesi/ronzoni_amanda/introduzione.php(
continua su http://www.nipponico.com/tesi/ronzoni_amanda/introduzione.php(
(Photo by Peter Kun Frary )
venerdì 7 settembre 2007
UN FRAMMENTO
Una decadente bellezza invade il mondo...
...le finestre sono rischiarate da luci al neon dei desideri insoddisfatti, un mattino dopo l'altro sorge un sole opaco di smog, ottusi sono i sentimenti, smussati gli angoli acuti...
...le finestre sono rischiarate da luci al neon dei desideri insoddisfatti, un mattino dopo l'altro sorge un sole opaco di smog, ottusi sono i sentimenti, smussati gli angoli acuti...
(da La Voce degli Spiriti Eroici , di Mishima Yukio)
(fotografia di Araki Nobuyoshi)
(fotografia di Araki Nobuyoshi)
martedì 14 agosto 2007
La cultura dell' Incenso
Il Giappone scopre l'incenso (koh) grazie ai contatti con l'Asia continentale (pare verso il 500 d.C) e se ne innamora immediatamente, elevandone l'uso allo stato di arte, anzi di Via: Koh-do, la Via dell'Incenso.
L'ingrediente fondamentale degli incensi giapponesi è un albero tropicale, chiamata Jinkoh (ancora oggi importato dall'Asia tropicale) di cui i Maestri giapponesi hanno individuato le svariate fragranze e proprietà, o meglio un complesso metodo di descrizione. Infatti è impossibile definire tutte le fragranze poiché non vi sono due jinkoh uguali (la fragranza dipende dall'età, dal luogo geografico, dalle condizioni climatiche, dal tipo di terra, dalla parte dell'albero stesso...).
A denotare questa peculiarità, ai frammenti più preziosi ed unici viene addirittura attribuito un nome personale!
L'incenso in Giappone viene "preparato" in diverse forme:
Bastoncini (senkoh): realizzati con miscele di minimo 7 ingredienti diversi.
Polvere (shokoh): in miscela, utilizzata soprattutto nei riti buddhisti
Palline (nerikoh): palline di polveri miscelate, mescolate assieme con miele e poi "invecchiate" in vasi sotterrati per almeno 3 anni.
Sacchettini (nioi-bukuro): gli ingredienti naturali dell'incenso (ovvero le polveri di legno al naturale, non lavorate) vengono posti in sacchettini preziosamente decorati, utilizzati per profumare la casa, i vestiti, per essere portati addosso (anche nelle maniche del kimono femminile).
Sono ritenuti anche un talismano per scacciare le presenze malefiche.
Coni (ensuikoh): una soluzione piuttosto moderna, ma uguale nella sostanza dei materiali ai bastoncini (forse più pratica nell'uso).
Attorno all'uso dell'incenso è fiorita nei secoli un'arte dedicata agli accessori (bruciatori, pinze...) ed alla socialità: dei veri e propri giochi di società legati alla letteratura tradizionale ed alle fragranze dell'incenso.
Un gioco invero raffinatissimo...
L'ingrediente fondamentale degli incensi giapponesi è un albero tropicale, chiamata Jinkoh (ancora oggi importato dall'Asia tropicale) di cui i Maestri giapponesi hanno individuato le svariate fragranze e proprietà, o meglio un complesso metodo di descrizione. Infatti è impossibile definire tutte le fragranze poiché non vi sono due jinkoh uguali (la fragranza dipende dall'età, dal luogo geografico, dalle condizioni climatiche, dal tipo di terra, dalla parte dell'albero stesso...).
A denotare questa peculiarità, ai frammenti più preziosi ed unici viene addirittura attribuito un nome personale!
L'incenso in Giappone viene "preparato" in diverse forme:
Bastoncini (senkoh): realizzati con miscele di minimo 7 ingredienti diversi.
Polvere (shokoh): in miscela, utilizzata soprattutto nei riti buddhisti
Palline (nerikoh): palline di polveri miscelate, mescolate assieme con miele e poi "invecchiate" in vasi sotterrati per almeno 3 anni.
Sacchettini (nioi-bukuro): gli ingredienti naturali dell'incenso (ovvero le polveri di legno al naturale, non lavorate) vengono posti in sacchettini preziosamente decorati, utilizzati per profumare la casa, i vestiti, per essere portati addosso (anche nelle maniche del kimono femminile).
Sono ritenuti anche un talismano per scacciare le presenze malefiche.
Coni (ensuikoh): una soluzione piuttosto moderna, ma uguale nella sostanza dei materiali ai bastoncini (forse più pratica nell'uso).
Attorno all'uso dell'incenso è fiorita nei secoli un'arte dedicata agli accessori (bruciatori, pinze...) ed alla socialità: dei veri e propri giochi di società legati alla letteratura tradizionale ed alle fragranze dell'incenso.
Un gioco invero raffinatissimo...
(da UGUISU nr3 http://www.j-studio.biz/uguisu/UGUISU3/artitrad.htm )
mercoledì 1 agosto 2007
LA CADUCITA' - "Furyu"
Caduco (dal latino CÀDERE): che presto cade. Che ha breve durata.
Petalo rosa
Questo è un tema particolarmente forte nella cultura giapponese tradizionale e forse uno dei più interessanti per le vaste ricadute in svariati ambiti artistici (dalla pittura alla letteratura).
La caducità è sicuramente legata all'impermanenza, concetti insomma che portano ad una visione del mondo (nel macro e microcosmo) molto "fluttuante", più che stabile, granitica, ordinata.Un tipo di visione che sicuramente ha avuto in Oriente le sue più alte vette (in un lungo cammino dall'India brahaminica agli eremi di montagna giapponesi), ma che ha trovato anche in "occidente" fertile terreno: ricordo qui solamente la speculazione sul mondo di Marco Aurelio e l'intero movimento Romantico europeo, (tralasciando la filosofia greca pre-socratica che forse è più difficilmente collocabile in una concezione classica di "occidente"), per quanto non si possa assolutamente affermare che sia una delle tematiche fondanti del nostro mondo attuale occidentale (cui si sta avvicinando sempre più anche il Giappone).
La caducità è sicuramente legata all'impermanenza, concetti insomma che portano ad una visione del mondo (nel macro e microcosmo) molto "fluttuante", più che stabile, granitica, ordinata.Un tipo di visione che sicuramente ha avuto in Oriente le sue più alte vette (in un lungo cammino dall'India brahaminica agli eremi di montagna giapponesi), ma che ha trovato anche in "occidente" fertile terreno: ricordo qui solamente la speculazione sul mondo di Marco Aurelio e l'intero movimento Romantico europeo, (tralasciando la filosofia greca pre-socratica che forse è più difficilmente collocabile in una concezione classica di "occidente"), per quanto non si possa assolutamente affermare che sia una delle tematiche fondanti del nostro mondo attuale occidentale (cui si sta avvicinando sempre più anche il Giappone).
La caducità è la caratteristica fondamentale della più alta forma di bellezza nella percezione estetica giapponese, denotata dal termine Furyu (da "fu" vento, e "ryu" scorrere, acqua).
La bellezza deve essere insomma ricercata non nella "cosa" ma nell'interezza dei legami, delle implicazioni di ciò che sta avvenendo, in un dato istante. Questo istante è come un punto di equilibrio momentaneo della creazione nel suo naturale svolgimento, ed in quanto tale può essere anche considerato fuori dal tempo, assoluto, per questo degno di essere elevato a simbolo di bellezza.Ma, si badi bene, non "cristallizzato", non è un "fotogramma" della realtà...credo che il modo migliore per capirlo sia proprio quello del punto di equilibrio che dura un istante, una fase di transizione da noi percettibile.
Petalo rosa
stancamente appeso al ramo
cade
(da Uguisu nr3 >> http://www.j-studio.biz/uguisu/UGUISU3/cultura.htm
venerdì 20 luglio 2007
ONNAGATA - la Forma e la Carne
(Lo Onnagata è un attore maschio del teatro Kabuki, dedito all'interpretazioni di ruoli femminili)
"...riteneva che...un interprete di ruoli femminili fosse il figlio nato dalla relazione illecita tra i sogni e la realtà"(Mishima Yukio, Onnagata)
Lo Onnagata è tra la carne e lo spirito, si potrebbe affermare parafrasando Mishima, o ancora si potrebbe ipotizzare che esso sia una delle manifestazioni della tendenza propria della cultura giapponese a "distillare" dalla carnalità la spiritualità, la forma più eterea e pura.
Questa figura paradossale di uomo che interpreta la femminilità portandola ai suoi estremi di stilizzazione (potremo dire: idealizzandola?) rappresenta lo sforzo immane della cultura nipponica (e spesso orientale in genere) di comprendere, cogliere la Forma e il suo
Onnagata diYamamoto Hisashi
rapporto bi-univoco con la Sostanza, ovverosia di percepire il rapporto tra lo Spirito, l'Aria e la Carne, la Terra. E' una questione ovviamente centrale nella interpretazione della realtà: esiste questo rapporto? Esistono Forma e Sostanza? O forse tutto si riduce a pura materia ed il resto è solo, realmente, illusione? O è il contrario, ovvero esiste solo la Forma eterea e la materia altro non è che Illusione?
Nel racconto di Mishima, il protagonista, Masuyama, è fortemente attratto dallo Onnagata, dal suo essere Onnagata (non dall'uomo che vi è sotto il ruolo).Alla fine del racconto però lo Onnagata svela il suo interesse sensuale ed emotivo per un altro uomo, un giovane e insipido regista, e se ne va con lui verso una cena a due, come una giovane donna ad un appuntamento galante, a quel punto:." mentre li seguiva con lo sguardo, Masuyama ebbe la sensazione che in sé si fosse aperto un ombrello in stile occidentale, un ombrello grande, nero e bagnato. In quello stesso istante avvertì che le illusioni che la recitazione del grande Onnagata gli aveva trasmesso fin dall'infanzia, si erano frantumate in mille pezzi come fragili oggetti di cristallo caduti a terra" (Mishima Yukio, Onnagata)
da UGUISU nr2 >> http://www.j-studio.biz/uguisu/UGUISU2/arte.htm
mercoledì 18 luglio 2007
Nuovi Kimono etc su casazen.com
Presento oggi su http://www.casazen.com/ , dei nuovi indumenti:
DA DONNA:
HAORI "HA" >> http://www.casazen.com/kimono/vesti/haori-HA.htm
YUKATA YUKA-O >> http://www.casazen.com/yuka/index.htm
NAGOYA OBI >> http://www.casazen.com/kimono/vesti/obi_cz.htm
DA UOMO:
YUKATA "GENJI" >> http://www.casazen.com/kimono/vesti/yukatauomo_GENJI.htm
DA DONNA:
HAORI "HA" >> http://www.casazen.com/kimono/vesti/haori-HA.htm
YUKATA YUKA-O >> http://www.casazen.com/yuka/index.htm
NAGOYA OBI >> http://www.casazen.com/kimono/vesti/obi_cz.htm
DA UOMO:
YUKATA "GENJI" >> http://www.casazen.com/kimono/vesti/yukatauomo_GENJI.htm
martedì 17 luglio 2007
CENNI SUL TEATRO TRADIZIONALE GIAPPONESE
La tradizione teatrale giapponese è vasta e variegata, caratterizzata da connotati di forte simbolismo e da una rappresentazione molto "intensa", il tutto unito a caratteristiche di forte arcaismo e tradizionalismo (ovviamente esiste anche il teatro moderno, più o meno ispirato a quello occidentale, ed anche un teatro di avanguardia, ma in questa sede ci occupiamo solo di fornire una panoramica degli stili tradizionali).
Nell'avvicinarci al teatro giapponese ci troviamo di fronte a tre forme in particolare:
BUNRAKU
è il teatro di burattini, sviluppatosi nel periodo Edo. Gli attori sono appunto dei burattini piuttosto realistici di circa un metro di altezza, manovrati da degli artisti (da 1 a 3 per burattino) che rimangono dietro agli stessi.Lo spettacolo è accompagnato da voci narranti e musiche eseguite con strumenti tradizionali. Le tematiche sono simili a quelle del teatro Kabuki (vedi oltre)
Bunraku è il nome moderno (dal 1872) per definire l'arte del ningyo-joruri, che significa letteralmente: Burattini & Narrazione.
Questo termine porta i nomi dei due predecessori del Bunraku, ovverosia dei cantastorie itineranti e dei burattinai itineranti.
A quanto pare queste due arti vennero "unite" attorno al 1680 dal cantastorie Takemoto Gidayu, desideroso di sperimentare nuove vie nel suo teatro di Osaka.
Ma la sua opera non sarebbe giunta a compimento senza l'apporto di altre due persone: Chikamatsu Monzaemon - il più grande "librettista" dell'epoca - e l'impresario Takeda Izumo.
Il merito maggiore di Chikamatsu fu quello di aver scritto delle opere così toccanti e passionali da far superare in popolarità il Kabuki: opere incentrate sul tema del suicidio d'amore (shinju) ed aventi come protagonisti uomini e donne della "borghesia" cittadina. Ad Osaka, la rappresentazione dell'opera Sonezaki Shinju scatenò una serie di veri suicidi d'amore.Il contributo dell'impresario Takeda non si limitò solamente all'aspetto finanziario ma contribuì anche all'innovazione tecnica dei burattini, verso un maggiore realismo (grazie anche alla sua precedente esperienza nell'arte del Karakuri ).
Nel suo sviluppo successivo il Bunraku si avvicino molto al Kabuki nella ricerca del realismo (e nello stesso tempo il Kabuki si impadronì di alcuni stilemi del Bunraku), ma andò incontro ad un continuo declino, fino all'epoca moderna in cui è stato rivivificato anche da accurati interventi statali ed internazionali (Unesco)
>> da visitare: http://www2.ntj.jac.go.jp/unesco/bunraku/en/ (anche videoclip)
NOH
la più antica e arcaicizzante tra queste forme teatrali, risalente al 14° secolo.Gli attori recitano, secondo complesse simbologie mimiche e fonetiche-vocali, indossando delle maschere, parlando e cantando con l'accompagnamento di un coro e di suonatori di musiche tradizionali. La scena - spesso all'aperto - è scarna.
Il teatro Noh è la forma più elitaria e raffinata tra le tre, e la si ritiene creazione di due attori e scrittori (padre e figlio): Kannami e Zeami.
La storia del teatro Noh è la storia della classe militare (bukke) giapponese, di cui condivise le sorti.Infatti lo shogun Ashikaga Yoshimitsu fu il mecenate di Zeami, rendendo possibile la fioritura del teatro Noh. Questo, nel periodo Edo (1603-1868), divenne appunto il teatro dell'aristocrazia militare: ogni signore feudale (daimyo) faceva da patrono ad una compagnia di teatro Noh e spesso molti Daimyo si cimentavano in quest' arte.
Con la restaurazione Meiji (1868-1912. che segnò il declino definitivo della casta samurai) il teatro Noh rimase privo dei suoi patroni e mecenati e si avviò, anche a causa della scarsissima popolarità tra le masse, al quasi totale declino. Oggi è praticato da circa 1500 professionisti.
Il Noh è incentrato sulla figura del protagonista (shite) e sulla sua personale vicenda:in molte opere classiche il protagonista appare inizialmente come una persona normale, poi scompare e ritorna nella sua vera forma, ovvero come fantasma di un personaggio importante dell'antichità.Il suo ruolo è supportato da dei comprimari che aiutano a definire meglio le vicende ed i pensieri del protagonista e da un coro che accompagna narrando fuori campo e a volte descrivendo i reconditi pensieri del protagonista. Lo stile recitativo, la successione delle scene, tutto è estremamente ritualizzato nel Noh, rendendolo un'arte riservata a pochi professionisti che la tramandano spesso di padre in figlio, avvalendosi anche di quelli "insegnamenti segreti" propri a molte scuole tradizionali giapponesi.
>> da visitare: http://www2.ntj.jac.go.jp/unesco/noh/en/ (con videoclip)
KABUKI
la forma probabilmente più nota, caratterizzata da un grande sfarzo nei costumi e da scenografie molto elaborate. Gli attori recitano spesso con evidenti pitture facciali, accompagnati da strumenti tradizionali. Diversamente dalle altre due forme, il kabuki tra origine da una forma teatrale popolare che si svolgeva nei mercati cittadini.
Se il Noh fu il teatro dei Daimyo, il Kabuki nacque come teatro della classe borghese-mercantile e del popolino. Il Kabuki fu sempre incentrato sull'attore più che sulla trama e questo permise alle prime "compagnie" (siamo nel periodo Edo), composte da sole donne, di impadronirsi di temi e storie di altre forme teatrali o letterarie, modificandole ed incentrandole spesso sul conflitto tra le emozioni e le regole sociali.
Inizialmente il Kabuki era recitato da sole donne, fatto che poi venne proibito poiché le attrici
iniziavano ad essere troppo conosciute e simbolo di "corruzione morale" innalzata a modello (questa censura moraleggiante avvenne nel 1629 e durò 250 anni).Esse vennero sostituite da attori maschi che dovettero interpretare anche le parti femminili, cosa che portò alla nascita della figura dell'attore specializzato in parti femminili (Onnagata), una delle caratteristiche salienti del Kabuki.
Quando il teatro Bunraku ebbe il suo periodo di gloria ed il Kabuki iniziò a declinare, gli autori iniziarono ad attingere a piene mani dal Bunraku, sia nei temi e nelle trame che addirittura nelle movenze (che tenderanno ad essere simili a quelle scattanti e rigide dei burattini).Il Kabuki infatti si sviluppò come forma altamente esteticizzante e formale, caratterizzata da movenze simili alla danza (e comunque mai casuali), frequenti pose statiche statuarie ed espressioni facciali molto intense e simboliche (coadiuvate spesso dalla tipica pittura facciale)
>> da visitare: http://www.kabuki.gr.jp/pavilion/english/index2.html(con multimedia
(dalla newsletter di http://www.casazen.com/ , "Uguisu" nr2 http://www.j-studio.biz/uguisu/UGUISU2/cover.htm
Nell'avvicinarci al teatro giapponese ci troviamo di fronte a tre forme in particolare:
BUNRAKU
è il teatro di burattini, sviluppatosi nel periodo Edo. Gli attori sono appunto dei burattini piuttosto realistici di circa un metro di altezza, manovrati da degli artisti (da 1 a 3 per burattino) che rimangono dietro agli stessi.Lo spettacolo è accompagnato da voci narranti e musiche eseguite con strumenti tradizionali. Le tematiche sono simili a quelle del teatro Kabuki (vedi oltre)
Bunraku è il nome moderno (dal 1872) per definire l'arte del ningyo-joruri, che significa letteralmente: Burattini & Narrazione.
Questo termine porta i nomi dei due predecessori del Bunraku, ovverosia dei cantastorie itineranti e dei burattinai itineranti.
A quanto pare queste due arti vennero "unite" attorno al 1680 dal cantastorie Takemoto Gidayu, desideroso di sperimentare nuove vie nel suo teatro di Osaka.
Ma la sua opera non sarebbe giunta a compimento senza l'apporto di altre due persone: Chikamatsu Monzaemon - il più grande "librettista" dell'epoca - e l'impresario Takeda Izumo.
Il merito maggiore di Chikamatsu fu quello di aver scritto delle opere così toccanti e passionali da far superare in popolarità il Kabuki: opere incentrate sul tema del suicidio d'amore (shinju) ed aventi come protagonisti uomini e donne della "borghesia" cittadina. Ad Osaka, la rappresentazione dell'opera Sonezaki Shinju scatenò una serie di veri suicidi d'amore.Il contributo dell'impresario Takeda non si limitò solamente all'aspetto finanziario ma contribuì anche all'innovazione tecnica dei burattini, verso un maggiore realismo (grazie anche alla sua precedente esperienza nell'arte del Karakuri ).
Nel suo sviluppo successivo il Bunraku si avvicino molto al Kabuki nella ricerca del realismo (e nello stesso tempo il Kabuki si impadronì di alcuni stilemi del Bunraku), ma andò incontro ad un continuo declino, fino all'epoca moderna in cui è stato rivivificato anche da accurati interventi statali ed internazionali (Unesco)
>> da visitare: http://www2.ntj.jac.go.jp/unesco/bunraku/en/ (anche videoclip)
NOH
la più antica e arcaicizzante tra queste forme teatrali, risalente al 14° secolo.Gli attori recitano, secondo complesse simbologie mimiche e fonetiche-vocali, indossando delle maschere, parlando e cantando con l'accompagnamento di un coro e di suonatori di musiche tradizionali. La scena - spesso all'aperto - è scarna.
Il teatro Noh è la forma più elitaria e raffinata tra le tre, e la si ritiene creazione di due attori e scrittori (padre e figlio): Kannami e Zeami.
La storia del teatro Noh è la storia della classe militare (bukke) giapponese, di cui condivise le sorti.Infatti lo shogun Ashikaga Yoshimitsu fu il mecenate di Zeami, rendendo possibile la fioritura del teatro Noh. Questo, nel periodo Edo (1603-1868), divenne appunto il teatro dell'aristocrazia militare: ogni signore feudale (daimyo) faceva da patrono ad una compagnia di teatro Noh e spesso molti Daimyo si cimentavano in quest' arte.
Con la restaurazione Meiji (1868-1912. che segnò il declino definitivo della casta samurai) il teatro Noh rimase privo dei suoi patroni e mecenati e si avviò, anche a causa della scarsissima popolarità tra le masse, al quasi totale declino. Oggi è praticato da circa 1500 professionisti.
Il Noh è incentrato sulla figura del protagonista (shite) e sulla sua personale vicenda:in molte opere classiche il protagonista appare inizialmente come una persona normale, poi scompare e ritorna nella sua vera forma, ovvero come fantasma di un personaggio importante dell'antichità.Il suo ruolo è supportato da dei comprimari che aiutano a definire meglio le vicende ed i pensieri del protagonista e da un coro che accompagna narrando fuori campo e a volte descrivendo i reconditi pensieri del protagonista. Lo stile recitativo, la successione delle scene, tutto è estremamente ritualizzato nel Noh, rendendolo un'arte riservata a pochi professionisti che la tramandano spesso di padre in figlio, avvalendosi anche di quelli "insegnamenti segreti" propri a molte scuole tradizionali giapponesi.
>> da visitare: http://www2.ntj.jac.go.jp/unesco/noh/en/ (con videoclip)
KABUKI
la forma probabilmente più nota, caratterizzata da un grande sfarzo nei costumi e da scenografie molto elaborate. Gli attori recitano spesso con evidenti pitture facciali, accompagnati da strumenti tradizionali. Diversamente dalle altre due forme, il kabuki tra origine da una forma teatrale popolare che si svolgeva nei mercati cittadini.
Se il Noh fu il teatro dei Daimyo, il Kabuki nacque come teatro della classe borghese-mercantile e del popolino. Il Kabuki fu sempre incentrato sull'attore più che sulla trama e questo permise alle prime "compagnie" (siamo nel periodo Edo), composte da sole donne, di impadronirsi di temi e storie di altre forme teatrali o letterarie, modificandole ed incentrandole spesso sul conflitto tra le emozioni e le regole sociali.
Inizialmente il Kabuki era recitato da sole donne, fatto che poi venne proibito poiché le attrici
iniziavano ad essere troppo conosciute e simbolo di "corruzione morale" innalzata a modello (questa censura moraleggiante avvenne nel 1629 e durò 250 anni).Esse vennero sostituite da attori maschi che dovettero interpretare anche le parti femminili, cosa che portò alla nascita della figura dell'attore specializzato in parti femminili (Onnagata), una delle caratteristiche salienti del Kabuki.
Quando il teatro Bunraku ebbe il suo periodo di gloria ed il Kabuki iniziò a declinare, gli autori iniziarono ad attingere a piene mani dal Bunraku, sia nei temi e nelle trame che addirittura nelle movenze (che tenderanno ad essere simili a quelle scattanti e rigide dei burattini).Il Kabuki infatti si sviluppò come forma altamente esteticizzante e formale, caratterizzata da movenze simili alla danza (e comunque mai casuali), frequenti pose statiche statuarie ed espressioni facciali molto intense e simboliche (coadiuvate spesso dalla tipica pittura facciale)
>> da visitare: http://www.kabuki.gr.jp/pavilion/english/index2.html(con multimedia
(dalla newsletter di http://www.casazen.com/ , "Uguisu" nr2 http://www.j-studio.biz/uguisu/UGUISU2/cover.htm
La newsletter culturale di Casazen
Tempo fa pubblicavo una newsletter culturale intitolata UGUISU.
La gestione e la redazione della stessa erano piuttosto (molto) impegnativi e così ad un certo punto non c'è l'ho più fatta a trovare il tempo per seguirla.
Diciamo che ora è in "stasi" :)
Intanto pubblicherò qui gli articoli più interessanti pubblicati nei numeri usciti, con la speranza di trovare tra i lettori di questo blog dei collaboratori per far ripartire questa iniziativa culturale.
Chi volesse collaborare mi scriva una mail a info@casazen.com
lunedì 9 luglio 2007
SHINKIDO
Invito alla letura della presentazione di questa disciplina giapponese, particolarmente legata alla religione autoctona del Giappone, lo Shinto.
(Presentazione del M° Kurihara)
Lo SHINKIDO è stato fondato nel 1996 in Italia.
Shinkido significa "via del KI della Divinità della Verità", che un giorno mi è stato donato dalla Divinità dopo tanti anni di esercizi spirituali, in particolare di esercizio di "Misoghi" (purificazione) di antico Shinto.
Quando ero bambino il mio corpo era debole quindi ho imparato varie arti marziali.
Ho dedicato la maggior parte della mia giovinezza a studiare ed a cercare il modo di unificare i vari metodi nelle filosofie orientali. In montagna, facendo digiuno, ho cercato di chiedere insegnamento alle divinità della Natura. Ho praticato l’esercizio della respirazione e della meditazione per comprendere la relazione tra il corpo e la mente.
Durante un'esperienza mistica in Tibet nel 1988 e 1990, in particolare nell'88, mentre ero tra la vita e la morte quel che io ho visto è l'esistenza del Mondo della Divinità e l'importanza della propria vita come una parte della vita del Cosmo. Questa esperienza è stata indescrivibile ed ha cambiato a 180° completamente la mia vita.
Però se io avessi parlato di questa cosa nessuno mi avrebbe creduto quindi ho deciso di trasmettere alla gente l'effetto di questa esperienza, mostrandola nelle tecniche di un nuovo stile di arte marziale come l'azione energetica del Ki che forma tutte le cose, così come viene detto nel mondo orientale.
Però si deve capire la relazione tra il corpo, la mente e l’anima, cioè la relazione tra questo mondo fenomenico dove vive l’uomo e il mondo spirituale. Ho cominciato ad approfondire gli esercizi di Misoghi e un giorno ho intuito il principio fondamentale del Ki che scorre tra Cielo e Terra. Sono stato guidato dal Ki della Divinità, la mia arte marziale è stata purificata e rinnovata. Da questa sensazione completamente differente da quella che avevo mai sentito è nato lo SHINKIDO.
Con l'allenamento gli allievi praticanti cercano di unire corpo e mente idealmente alla Legge della Natura.
Seguendo il Ki della Natura fanno uscire il Ki che è allo stato latente e si fortificano.
Questo Ki, che viene utilizzato dall'unione del corpo e della mente, può diventare un ponte per aprire un'altra dimensione che supera la forza fisica.
Questo studio del Ki ha vaste applicazioni e diventa anche una chiave per far nascere una nuova scienza.
La potenza del Ki si mostra in tanti modi diversi perché dipende dal modo di usare la coscienza, dal modo in cui si affila la sensibilità e dall'utilizzo del movimento del corpo ugualmente purificato.
Dopo tanti anni di esercizio, quando si riesce ad elevare la forza di sintonia del Ki a livello dell'anima, si è costretti a sentire la presenza della forza che controlla e unisce tutte le cose che esistono nel mondo fenomenico, che appaiono indipendenti, ma sono controllate ed unite in un'altra dimensione più profonda, e si intuisce il "Ki della Divinità " (SHINKI) come azione energetica che è mostrata da questa grande forza.
La nostra anima è sempre protetta da questo " Ki della Divinità " cioè la nostra presenza, che è formata dal Ki della Divinità, si sintonizza continuamente con il Cosmo quindi, quando il cuore è purificato e si armonizza il movimento del corpo alle leggi della natura, chiunque può mostrare la forza dell'anima, cioè la propria capacità latente, in questo modo siamo stati creati.
Per armonizzare tre onde (tre modi di Ki) fisica – mentale – spirituale, ho sistemato nello Shinkido, cinque metodi e dodici principi.
Perché io, praticante del Budo, mi ostino a parlare di questo Ki della Divinità?
Perché, come ho detto prima, quando ero piccolo il mio corpo era debole ed andavo sempre in ospedale, i miei genitori mi hanno consigliato di studiare arti marziali per farmi crescere forte e mi hanno portato a pregare nel tempio per essere protetto.
Così, senza che me ne accorgessi, io ho aspirato alla forza e si è formata nel mio cuore una profonda fede verso Dio che supera la forza dell'uomo.
Io non faccio arti marziali come religione, ma l'arte marziale che io ricerco è senz'altro apprendimento delle tecniche per HAJAKENSEI (fermare cattiveria e costruire le cose giuste), in particolare per realizzare la vera salute del corpo e della mente pulendo l'energia negativa, che nasce dentro ognuno di noi, attraverso la pratica; quindi successivamente fare uscire la capacità della spiritualità di se stessi per la propria felicità e per quella degli altri e per lo sviluppo della società e del paese.Lo scopo dell'allenamento dell'arte marziale è formare il vero coraggio per ricercare le proprie possibilità togliendo la propria debolezza, cioè l'immagine falsa di se stessi, quindi non prevalere sugli altri.Quindi la possibilità di se stessi è praticamente credere nella propria spiritualità che crea il domani, il futuro.
La sensibilità dell'uomo può essere affilata quando sinceramente ascolta la voce della propria anima. In Giappone nell'antichità esisteva una parola "SHINJINGOITSU" (Unione fra uomo e Divinità) ciò vuol dire che quando l'uomo comprende l'essenza, la presenza, la qualità innata di se stesso può mostrare la forza della Divinità come figlio di Dio. In Giappone anticamente avevano intuito questo mondo della Divinità, poi con una lunghissima pratica spirituale hanno stabilito il metodo di unirsi con le Divinità, di conseguenza il modo di vita giapponese è diventato naturalmente "KANNAGARA NO MICI" (la strada che vive insieme a Dio). Da ciò tante arti marziali tradizionali giapponesi hanno preso il metodo come esercizio spirituale, poi l'hanno insegnato come segreto profondo di ogni stile, quindi se Shinto è considerato come un'antica fede giapponese, ciò può essere male interpretato e non ci fa comprendere il Giappone e i giapponesi. Infatti, dei maestri di arti marziali, cercavano di sublimare le tecniche mortali utilizzando tecniche per fermare la cattiveria e insegnare cose giuste come Via "HAJAKENSEI NO MICI", chiedendo consiglio alle Divinità.
È naturale che i samurai, che vivevano tra la vita e la morte volevano la forza assoluta come forza di Dio per poter vivere domani. In fondo le arti marziali giapponesi vivono questa sensibilità particolare, ci sono tanti samurai che sono riusciti ad entrare nel mondo delle Divinità superando il livello religioso.
Lo Shinkido è stato creato seguendo il Ki della Divinità, perciò parlare solo dell'amore, dell'armonia oppure della spiritualità è inutile, l'importante è affilare la sensibilità praticando molto, mostrando entusiasmo nelle tecniche, così facendo le emozioni sono trasmesse agli altri.
Questo può essere detto per tutte le arti. Quando qualcuno si trova in una situazione difficile nella vita, riflettendo su se stesso deve cercare di affilare il cuore ricercando il Ki della Divinità, continuare l'esercizio per seguire la legge della Natura, poi questo effetto deve essere trasmesso alla società per la propria felicità e per quella di altre persone. Io credo che così l'anima dell'uomo cresce e poi alla fine segue l'intenzione di Dio. Con la pratica dello Shinkido, non essendo l'uomo perfetto, chi ha il corpo debole diventa forte, i giovani irruenti imparano l'etichetta e la socialità e così contribuiscono alla crescita della società stessa. Così infine, se ciò viene realizzato, diventa meraviglioso comprendere il cuore di Dio, camminare insieme a Lui ricercando i propri valori come l'essenza del Cosmo. Questo è uno degli scopi dello SHINKIDO.
M° K. Kurihara
links
http://www.shinkido.org/indice.htm
http://gyoshudojo.splinder.com/
(Presentazione del M° Kurihara)
Lo SHINKIDO è stato fondato nel 1996 in Italia.
Shinkido significa "via del KI della Divinità della Verità", che un giorno mi è stato donato dalla Divinità dopo tanti anni di esercizi spirituali, in particolare di esercizio di "Misoghi" (purificazione) di antico Shinto.
Quando ero bambino il mio corpo era debole quindi ho imparato varie arti marziali.
Ho dedicato la maggior parte della mia giovinezza a studiare ed a cercare il modo di unificare i vari metodi nelle filosofie orientali. In montagna, facendo digiuno, ho cercato di chiedere insegnamento alle divinità della Natura. Ho praticato l’esercizio della respirazione e della meditazione per comprendere la relazione tra il corpo e la mente.
Durante un'esperienza mistica in Tibet nel 1988 e 1990, in particolare nell'88, mentre ero tra la vita e la morte quel che io ho visto è l'esistenza del Mondo della Divinità e l'importanza della propria vita come una parte della vita del Cosmo. Questa esperienza è stata indescrivibile ed ha cambiato a 180° completamente la mia vita.
Però se io avessi parlato di questa cosa nessuno mi avrebbe creduto quindi ho deciso di trasmettere alla gente l'effetto di questa esperienza, mostrandola nelle tecniche di un nuovo stile di arte marziale come l'azione energetica del Ki che forma tutte le cose, così come viene detto nel mondo orientale.
Però si deve capire la relazione tra il corpo, la mente e l’anima, cioè la relazione tra questo mondo fenomenico dove vive l’uomo e il mondo spirituale. Ho cominciato ad approfondire gli esercizi di Misoghi e un giorno ho intuito il principio fondamentale del Ki che scorre tra Cielo e Terra. Sono stato guidato dal Ki della Divinità, la mia arte marziale è stata purificata e rinnovata. Da questa sensazione completamente differente da quella che avevo mai sentito è nato lo SHINKIDO.
Con l'allenamento gli allievi praticanti cercano di unire corpo e mente idealmente alla Legge della Natura.
Seguendo il Ki della Natura fanno uscire il Ki che è allo stato latente e si fortificano.
Questo Ki, che viene utilizzato dall'unione del corpo e della mente, può diventare un ponte per aprire un'altra dimensione che supera la forza fisica.
Questo studio del Ki ha vaste applicazioni e diventa anche una chiave per far nascere una nuova scienza.
La potenza del Ki si mostra in tanti modi diversi perché dipende dal modo di usare la coscienza, dal modo in cui si affila la sensibilità e dall'utilizzo del movimento del corpo ugualmente purificato.
Dopo tanti anni di esercizio, quando si riesce ad elevare la forza di sintonia del Ki a livello dell'anima, si è costretti a sentire la presenza della forza che controlla e unisce tutte le cose che esistono nel mondo fenomenico, che appaiono indipendenti, ma sono controllate ed unite in un'altra dimensione più profonda, e si intuisce il "Ki della Divinità " (SHINKI) come azione energetica che è mostrata da questa grande forza.
La nostra anima è sempre protetta da questo " Ki della Divinità " cioè la nostra presenza, che è formata dal Ki della Divinità, si sintonizza continuamente con il Cosmo quindi, quando il cuore è purificato e si armonizza il movimento del corpo alle leggi della natura, chiunque può mostrare la forza dell'anima, cioè la propria capacità latente, in questo modo siamo stati creati.
Per armonizzare tre onde (tre modi di Ki) fisica – mentale – spirituale, ho sistemato nello Shinkido, cinque metodi e dodici principi.
Perché io, praticante del Budo, mi ostino a parlare di questo Ki della Divinità?
Perché, come ho detto prima, quando ero piccolo il mio corpo era debole ed andavo sempre in ospedale, i miei genitori mi hanno consigliato di studiare arti marziali per farmi crescere forte e mi hanno portato a pregare nel tempio per essere protetto.
Così, senza che me ne accorgessi, io ho aspirato alla forza e si è formata nel mio cuore una profonda fede verso Dio che supera la forza dell'uomo.
Io non faccio arti marziali come religione, ma l'arte marziale che io ricerco è senz'altro apprendimento delle tecniche per HAJAKENSEI (fermare cattiveria e costruire le cose giuste), in particolare per realizzare la vera salute del corpo e della mente pulendo l'energia negativa, che nasce dentro ognuno di noi, attraverso la pratica; quindi successivamente fare uscire la capacità della spiritualità di se stessi per la propria felicità e per quella degli altri e per lo sviluppo della società e del paese.Lo scopo dell'allenamento dell'arte marziale è formare il vero coraggio per ricercare le proprie possibilità togliendo la propria debolezza, cioè l'immagine falsa di se stessi, quindi non prevalere sugli altri.Quindi la possibilità di se stessi è praticamente credere nella propria spiritualità che crea il domani, il futuro.
La sensibilità dell'uomo può essere affilata quando sinceramente ascolta la voce della propria anima. In Giappone nell'antichità esisteva una parola "SHINJINGOITSU" (Unione fra uomo e Divinità) ciò vuol dire che quando l'uomo comprende l'essenza, la presenza, la qualità innata di se stesso può mostrare la forza della Divinità come figlio di Dio. In Giappone anticamente avevano intuito questo mondo della Divinità, poi con una lunghissima pratica spirituale hanno stabilito il metodo di unirsi con le Divinità, di conseguenza il modo di vita giapponese è diventato naturalmente "KANNAGARA NO MICI" (la strada che vive insieme a Dio). Da ciò tante arti marziali tradizionali giapponesi hanno preso il metodo come esercizio spirituale, poi l'hanno insegnato come segreto profondo di ogni stile, quindi se Shinto è considerato come un'antica fede giapponese, ciò può essere male interpretato e non ci fa comprendere il Giappone e i giapponesi. Infatti, dei maestri di arti marziali, cercavano di sublimare le tecniche mortali utilizzando tecniche per fermare la cattiveria e insegnare cose giuste come Via "HAJAKENSEI NO MICI", chiedendo consiglio alle Divinità.
È naturale che i samurai, che vivevano tra la vita e la morte volevano la forza assoluta come forza di Dio per poter vivere domani. In fondo le arti marziali giapponesi vivono questa sensibilità particolare, ci sono tanti samurai che sono riusciti ad entrare nel mondo delle Divinità superando il livello religioso.
Lo Shinkido è stato creato seguendo il Ki della Divinità, perciò parlare solo dell'amore, dell'armonia oppure della spiritualità è inutile, l'importante è affilare la sensibilità praticando molto, mostrando entusiasmo nelle tecniche, così facendo le emozioni sono trasmesse agli altri.
Questo può essere detto per tutte le arti. Quando qualcuno si trova in una situazione difficile nella vita, riflettendo su se stesso deve cercare di affilare il cuore ricercando il Ki della Divinità, continuare l'esercizio per seguire la legge della Natura, poi questo effetto deve essere trasmesso alla società per la propria felicità e per quella di altre persone. Io credo che così l'anima dell'uomo cresce e poi alla fine segue l'intenzione di Dio. Con la pratica dello Shinkido, non essendo l'uomo perfetto, chi ha il corpo debole diventa forte, i giovani irruenti imparano l'etichetta e la socialità e così contribuiscono alla crescita della società stessa. Così infine, se ciò viene realizzato, diventa meraviglioso comprendere il cuore di Dio, camminare insieme a Lui ricercando i propri valori come l'essenza del Cosmo. Questo è uno degli scopi dello SHINKIDO.
M° K. Kurihara
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giovedì 5 luglio 2007
gli ONI - 1
Prendo lo spunto dalla presentazione di un abito ritarente uno Oni su http://www.casazen.com/ per questo breve post sugli Oni.
Con ONI si indica una serie di creature antropomorfe mostruose del folklore giapponese: il tipo più noto è quello simile ad una specie di orco, dalle zanne lunghe e recante corna, con la pelle di colore innaturale e vivido (rosso, blu, verde).
Gli ONI sono stati introdotti nella cultura popolare occidentale grazie ai manga e soprattutto ai cartoni animati (vedi su tutti: Lamù, la cui protagonista è appunto una Oni, molto sui generis).
Antropologicamente parlando si potrebbero interpretare come incarnazioni delle forze naturali archetipe, caotiche e spaventose (un pò come gli Jotun della tradizione germanica o i Titani di quella greca).
La cosa più interessante da notare è la loro sopravvivenza (anzi la loro vitalità) nella attuale cultura popolare giapponese (festival, produzioni artistiche, manga, oggettistica, rituali, films, videogames, ecc ecc).
----------------------------------------------------------------
DA WIKIPEDIA http://it.wikipedia.org/wiki/Oni
...
I ritratti degli oni variano notevolmente tra loro, ma normalmente li ritraggono come creature giganti e mostruose, con artigli taglienti, capelli selvaggi e due lunghe corna che crescono dalla loro testa. Sono fondamentalmente umanoidi, ma occasionalmente sono ritratti con caratteristiche innaturali, come molti occhi o dita delle mani e dei piedi extra. La loro pelle può essere di colori diversi, ma quelli più comuni sono il rosso, blu, nero, rosa e verde. Il loro aspetto feroce viene spesso accentuato dalla pelle di tigre che tendono ad indossare e dalla mazza ferrata da loro favorita, detta kanabō (金棒, kanabō?). Questo modo di immaginarli ha generato l'espressione oni con la mazza ferrata (鬼に金棒, oni con la mazza ferrata?), cioè "invincibile" o "imbattibile". Può anche essere usata nel senso di "forte oltre i forti", o di migliorare o incrementare le proprie capacità naturali mediante l'uso di un attrezzo.
Origini comportamento
Nelle prime leggende gli oni come per esempio la ragazza del pozzo erano creature benevole ritenute capaci di tenere alla larga spiriti maligni malvagi e malevoli e di punire i malfattori. Durante l'era Heian il Buddhismo giapponese, che aveva già importato una parte della demonologia indiana (rappresentata da figure come i kuhanda, gaki e altri) incorporò queste credenze chiamando queste creature aka-oni ("oni rosso") e ao-oni ("oni blu") e facendone i guardiani dell'inferno o torturatori delle anime dannate. Alcune di queste creature erano riconosciute come incarnazioni di spiriti shinto.
Con il passare del tempo la forte associazione degli oni con il male contagiò il modo in cui venivano percepite queste creature e vennero ad essere considerate come portatori o agenti delle calamità. I racconti popolari e teatrali iniziarono a descriverli come bruti stupidi e sadici, felici di distruggere. Si disse che gli stranieri ed i barbari fossero oni. Oggigiorno sono variamente descritti come spiriti dei morti, della terra, degli antenati, della vendetta, della pestilenza o della carestia. Non importa quale sia la loro essenza, gli oni odierni sono qualcosa da evitare e da tenere a bada.
Fin dal X secolo gli oni sono stati fortemente associati con il nord-est (kimon), particolarmente nella tradizione detta onmyōdō di origine cinese. I templi sono spesso orientati verso questa direzione per prevenirne gli influssi nefasti e molti edifici giapponesi hanno indentazioni a forma di "L" in questa direzione per tenere lontani gli oni. I templi Enryakuji, sul Monte Hiei a nord-est del centro di Kyoto e Kaneiji, che erano a collocati a nord-est delle dimore imperiali, ne sono un esempio. La capitale giapponese stessa fu spostata verso nord-est da Nagaoka a Kyoto nell'VIII secolo.
Alcuni villaggi tengono cerimonie annuali per tenere lontani gli oni, specialmente all'inizio della primavera. Durante la festa del Setsubun la gente scaglia fagioli di soia fuori dalle case gridando «Oni wa soto! Fuku wa uchi!» ("Oni fuori! Fortuna dentro!"). Secondo un'altra tradizione di origine taoista si ritiene che alcuni oni possano fare delazioni alle divinità sui peccati dell'uomo, perciò la nota rappresentazione delle tre scimmie che «non vedono, non sentono e non parlano» (con un gioco di parole in giapponese: «mizaru, kikazaru, iwazaru») ha valore talismanico perché impedirebbe a questi spiriti di agire malevolmente. Rimangono comunque alcune vestigia dell'antica natura benevola degli oni. Per esempio uomini in costume da oni conducono spesso le parate giapponesi per tenere lontana la sfortuna. Gli edifici giapponesi a volte includono tegole del tetto con la faccia da oni per tenere lontana la sfortuna, in maniera simile ai gargoyle della tradizione occidentale. Nella versione giapponese del gioco acchiapperella il giocatore che sta sotto è invece chiamato "l'oni".
Le radici storiche degli Oni
È stato proposto che gli Oni non siano altro che una trasposizione degli Ainu, antica popopolazione europoide del Nord del Giappone, che tuttora sopravvive nell' isola settentrionale di Hokkaido. Si sa che i giapponesi consideravano gli Ainu esseri animaleschi a causa delle caratteristiche fisiche differenti e della forte pelosità, cha ancora oggi manifestano. Nelle leggende infine gli Oni furono sconfitti, un eco nell'iconografia popolare delle guerre di sterminio che i Giapponesi condussero per secoli contro gli Ainu.
Con ONI si indica una serie di creature antropomorfe mostruose del folklore giapponese: il tipo più noto è quello simile ad una specie di orco, dalle zanne lunghe e recante corna, con la pelle di colore innaturale e vivido (rosso, blu, verde).
Gli ONI sono stati introdotti nella cultura popolare occidentale grazie ai manga e soprattutto ai cartoni animati (vedi su tutti: Lamù, la cui protagonista è appunto una Oni, molto sui generis).
Antropologicamente parlando si potrebbero interpretare come incarnazioni delle forze naturali archetipe, caotiche e spaventose (un pò come gli Jotun della tradizione germanica o i Titani di quella greca).
La cosa più interessante da notare è la loro sopravvivenza (anzi la loro vitalità) nella attuale cultura popolare giapponese (festival, produzioni artistiche, manga, oggettistica, rituali, films, videogames, ecc ecc).
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DA WIKIPEDIA http://it.wikipedia.org/wiki/Oni
...
I ritratti degli oni variano notevolmente tra loro, ma normalmente li ritraggono come creature giganti e mostruose, con artigli taglienti, capelli selvaggi e due lunghe corna che crescono dalla loro testa. Sono fondamentalmente umanoidi, ma occasionalmente sono ritratti con caratteristiche innaturali, come molti occhi o dita delle mani e dei piedi extra. La loro pelle può essere di colori diversi, ma quelli più comuni sono il rosso, blu, nero, rosa e verde. Il loro aspetto feroce viene spesso accentuato dalla pelle di tigre che tendono ad indossare e dalla mazza ferrata da loro favorita, detta kanabō (金棒, kanabō?). Questo modo di immaginarli ha generato l'espressione oni con la mazza ferrata (鬼に金棒, oni con la mazza ferrata?), cioè "invincibile" o "imbattibile". Può anche essere usata nel senso di "forte oltre i forti", o di migliorare o incrementare le proprie capacità naturali mediante l'uso di un attrezzo.
Origini comportamento
Nelle prime leggende gli oni come per esempio la ragazza del pozzo erano creature benevole ritenute capaci di tenere alla larga spiriti maligni malvagi e malevoli e di punire i malfattori. Durante l'era Heian il Buddhismo giapponese, che aveva già importato una parte della demonologia indiana (rappresentata da figure come i kuhanda, gaki e altri) incorporò queste credenze chiamando queste creature aka-oni ("oni rosso") e ao-oni ("oni blu") e facendone i guardiani dell'inferno o torturatori delle anime dannate. Alcune di queste creature erano riconosciute come incarnazioni di spiriti shinto.
Con il passare del tempo la forte associazione degli oni con il male contagiò il modo in cui venivano percepite queste creature e vennero ad essere considerate come portatori o agenti delle calamità. I racconti popolari e teatrali iniziarono a descriverli come bruti stupidi e sadici, felici di distruggere. Si disse che gli stranieri ed i barbari fossero oni. Oggigiorno sono variamente descritti come spiriti dei morti, della terra, degli antenati, della vendetta, della pestilenza o della carestia. Non importa quale sia la loro essenza, gli oni odierni sono qualcosa da evitare e da tenere a bada.
Fin dal X secolo gli oni sono stati fortemente associati con il nord-est (kimon), particolarmente nella tradizione detta onmyōdō di origine cinese. I templi sono spesso orientati verso questa direzione per prevenirne gli influssi nefasti e molti edifici giapponesi hanno indentazioni a forma di "L" in questa direzione per tenere lontani gli oni. I templi Enryakuji, sul Monte Hiei a nord-est del centro di Kyoto e Kaneiji, che erano a collocati a nord-est delle dimore imperiali, ne sono un esempio. La capitale giapponese stessa fu spostata verso nord-est da Nagaoka a Kyoto nell'VIII secolo.
Alcuni villaggi tengono cerimonie annuali per tenere lontani gli oni, specialmente all'inizio della primavera. Durante la festa del Setsubun la gente scaglia fagioli di soia fuori dalle case gridando «Oni wa soto! Fuku wa uchi!» ("Oni fuori! Fortuna dentro!"). Secondo un'altra tradizione di origine taoista si ritiene che alcuni oni possano fare delazioni alle divinità sui peccati dell'uomo, perciò la nota rappresentazione delle tre scimmie che «non vedono, non sentono e non parlano» (con un gioco di parole in giapponese: «mizaru, kikazaru, iwazaru») ha valore talismanico perché impedirebbe a questi spiriti di agire malevolmente. Rimangono comunque alcune vestigia dell'antica natura benevola degli oni. Per esempio uomini in costume da oni conducono spesso le parate giapponesi per tenere lontana la sfortuna. Gli edifici giapponesi a volte includono tegole del tetto con la faccia da oni per tenere lontana la sfortuna, in maniera simile ai gargoyle della tradizione occidentale. Nella versione giapponese del gioco acchiapperella il giocatore che sta sotto è invece chiamato "l'oni".
Le radici storiche degli Oni
È stato proposto che gli Oni non siano altro che una trasposizione degli Ainu, antica popopolazione europoide del Nord del Giappone, che tuttora sopravvive nell' isola settentrionale di Hokkaido. Si sa che i giapponesi consideravano gli Ainu esseri animaleschi a causa delle caratteristiche fisiche differenti e della forte pelosità, cha ancora oggi manifestano. Nelle leggende infine gli Oni furono sconfitti, un eco nell'iconografia popolare delle guerre di sterminio che i Giapponesi condussero per secoli contro gli Ainu.
mercoledì 4 luglio 2007
ARAKI - mostra a Milano
Galleria Cà di Frà
Sede Via Carlo Farini, 2, Milano 20154Altre informazioni Tel +39 02 29002108
Orari: Inaugurazione: giovedì 21 giugno 2007, dalle ore 18.00 alle 21.00Periodo: dal 21 giugno al 27 luglio 2007Orari: lunedì-venerdì, ore 10.00-13.00 / 15.00-19.00; sabato su appuntamento
Più che volentieri segnaliamo questa mostra dedicata a NOBUYOSHI ARAKI, fotografo giapponese di fama mondiale, anche grazie alle sua scelte provocatorie ed alla sua attenzione per il soggetto femminile e l'erotismo.
I suoi ritratti erotici e muliebri sono spesso dei capalovaori di forma e di intensità emotiva, anche se forse i soggetti erotici tendono a far passare in secondo piano altre sue fotografie a mio parere emotivamente ancora più intense (come la serie dedicata alla moglie o al gatto Chiro, o ancora alcuni ritratti di bambini).
In ogni caso Araki incarna in maniera vivida la tradizione estetica e poetica giapponese, "nascondendela" dietro soggettie d ambientazioni moderne.
Ma lo spirito è quello, senza dubbio.
Una lieve malinconia percorre tutte le sue opere più significative, la lieve malinconia di chi contempla il mondo con gli occhi ben aperti e consapevoli...
Quanto rimpianto!
Saputo avessi in tempo
che così presto
moriva, tutto il mondo
le avrei fatto vedere
(Yamanoue Okura)
martedì 26 giugno 2007
lunedì 25 giugno 2007
FESTIVITA' IN GIAPPONE
Shōgatsu (Anno nuovo) – I primi giorni del nuovo anno rappresentano una festa molto importante in Giappone, ricca di segni di buon auspicio. La casa viene pulita da cima a fondo (susuharai) per eliminare tutte le impurità fisiche e spirituali del passato e si mettono ai due lati della porta dei rami di pino (kadomatsu). Si appende inoltre una fune di paglia con striscioline di carta (shimenawa), per evitare agli spiriti maligni di entrare nella casa. Durante questa festa si mangiano omochi (riso bollito lavorato fino a formare delle palline) grigliati o in una zuppa chiamata ozoni.
Tutti i preparativi devono essere fatti entro l’ultimo dell’anno, poi tutti i negozi chiudono e seguono tre giorni di vacanza chiamati Shōgatsu Sanganichi in cui lavorano solo gli addetti ai servizi primari (trasporti ad es.) e in occasione dei quali ciascuno ritorna alla propria casa.
Chi desidera può ascoltare a mezzanotte il Joya no kane, cioè i 108 rintocchi della campana (tsurigane) del tempio buddista. Altrettante sono le pene dell’uomo e ascoltando tutti i rintocchi ciascuno può esserne liberato.
Il primo dell’anno si fa visita ad altre famiglie a cui c’è l’usanza di donare un’offerta in denaro (otoshidama). In questi tre giorni molte persone visitano i santuari locali (hatsumairi), spesso indossando il loro kimono.
Un’usanza molto diffusa è spedire agli amici una cartolina di buon anno chiamata nengajō.
15, Seiji no hi (Giorno della maggiore età ) - Si festeggiano tutti i giovani che nell’anno compiono 20 anni. Questo evento segna il passaggio all’età adulta; inoltre I giovani possono cominciare a votare, bere e fumare. In questo giorno di festa nazionale le ragazze indossano il loro furisode.
FEBBRAIO
3, Setsubun – Si celebra un giorno prima dell’inizio della primavera secondo il calendario lunare e non è una festa nazionale. Per secoli i giapponesi hanno compiuto riti con lo scopo di cacciare gli spiriti malvagi. Durante il periodo Kamakura si tenevano lontani gli spiriti con l’odore di sardine bruciate, fumo e rumore di tamburi. Oggi il rito più diffuso è gettare fagioli tostati intorno alla casa e ai templi gridando: "Oni wa soto! Fuku wa uchi!" (demoni fuori, felicità dentro). Poi si raccoglie un numero di fagioli pari all’età e si mangiano.
11, Kenkoku kinenbi (Anniversario della Fondazione della Nazione);
14, Valentine’s Day – Solo le donne regalano cioccolata agli uomini, anche ai colleghi e al capoufficio.
MARZO
3, Hina matsuri (Festa delle bambole) – In questo giorno le famiglie augurano alle loro figlie successo e una vita felice. Questa festa ha origine in Cina, dove si pensava che la sfortuna sarebbe passata dalle ragazze alle bambole. Le bambole (hina) sono esposte nelle case insieme a fiori di pesco, in casa si beve sake dolce e si mangia chirashi sushi.
14, White Day – Gli uomini regalano cioccolata alle donne.
21, Shunbun no hi (Equinozio di primavera) – Festa nazionale.
APRILE E MAGGIO
Hanami
È il “rito” di contemplare i ciliegi in fiore durante tutto il mese; in autunno c’è il Kōyō, cioè la contemplazione delle foglie colorate degli aceri.
.
La Settimana Dorata:
29 aprile, Midori no hi (Giornata della natura)
Anniversario della nascita dell’imperatore Hirohito, trasformata dopo la sua morte in una festa nazionale dedicate all’ambiente che lui amava moltissimo.
3 maggio, Kenpō kinenbi (Anniversario della Costituzione)Entra in vigore la Costituzione del 1947.
4 maggio, Kokumin no kyujitsu (Giorno centrale - ponte per far continuare la Golden Week)
5 maggio, Kodomo no hi (Giorno del bambino)
È il corrispondente maschile della festa delle bambole, in cui I genitori augurano ai loro figli maschi un futuro felice. Vengono appese fuori carpe di carta e esposte in casa bambole che raffigurano samurai a simboleggiare potere e successo.
LUGLIO
7, Tanabata matsuri – Secondo la leggenda, le stelle Kengyu (Altair) e Shokujo (Vega) che sono separate dal fiume del cielo Ama no gawa (la Via Lattea), lasciano il proprio posto per incontrarsi. Shokujo era una principessa figlia di un re celeste e di una tessitrice: un giorno mentre tesseva un abito per il padre alzò lo sguardo e vide un pastore che vegliava sulle sue mucche. Attratta dal giovane lasciò il suo lavoro e andò a conoscerlo. I due si innamorarono e decisero di sposarsi: la principessa smise di tessere e il giovane smise di guardare le mucche. Il re decise allora di separarli costringendoli a stare sulle due diverse sponde della Via Lattea e permettendo loro di incontrarsi solo una volta all’anno. La principessa era disperata perché non c’era alcun ponte ad unire le due sponde, così uno stormo di gazze si affollò tra le due rive consentendo ai due di attraversare il fiume. In passato le ragazze chiedevano alla principessa di diventare abili nella calligrafia e nella tessitura e i contadini chiedevano al pastore un buon raccolto. Rami di bambù vengono appesi fuori dalle case e decorati con esempi di calligrafia e kimono di carta come tributo alla principessa.
Terzo lunedì del mese, Umi no hi – Festa nazionale introdotta da poco, per celebrare l’oceano.
AGOSTO
14 – 16, Obon – È conosciuta dagli stranieri anche come Festa delle Lanterne, ma ricorda la ricorrenza di Ognissanti. Gli spiriti degli antenati morti fanno visita agli altari dedicati a loro nelle case dove vengono poste speciali offerte di cibo. Al tramonto del 16 del mese lanterne di carta colorata vengono accese e lasciate sul fiume affinché proteggano gli spiriti durante il ritorno verso la terra dei morti. In vista dell’Obon, le case e i cimiteri vengono puliti e si acquistano decorazioni, cibo e offerte presso il mercato allestito per l’occasione. Le decorazioni sono costituite da rami di pino e sakaki, entrambe piante sacre, insieme agli omochi (riso bollito lavorato fino a formare delle palline), frutta e incenso. Nei templi e nei cortili delle scuole si fa una danza comunitaria detta Bon Odori: i movimenti della danza sono scanditi dai canti e da un grosso tamburo. Di solito i partecipanti a questi eventi indossano lo yukata. I bambini amano gli hanabi, piccoli petardi accesi in occasione di ritrovo in famiglia.
SETTEMBRE E OTTOBRE
Terzo lunedì del mese, Keirō no hi (festa dell’anziano) – Festa nazionale.
23, Shubun no hi (Equinozio d’autunno) – Festa nazionale (in questo periodo si contempla la luna, Tsukimi).
Secondo lunedì di ottobre, Taiiku no hi (Giornata dello sport) – Anniversario dell’apertura dei giochi olimpici del ’64 a Tōkyō.
NOVEMBRE
3, Bunka no hi (Giorno della cultura).
15, Shichigosan (7, 5, 3) – Non è una festa nazionale, ma un giorno dedicato alle bambine di 3 e 7 anni e ai bambini di 3 e 5 anni, che visitano i santuari indossando il kimono, in occasione della quale si augura loro una crescita forte e sana.
23, Kinro kansha no hi (Giorno di ringraziamento per il lavoro) – Festa nazionale.
DICEMBRE
23, Tennō no tanjōbi (Compleanno dell’imperatore) – Festa nazionale che cambia in base alla data di nascita dell’imperatore sul trono.
25, Christmas (Natale) – Non è una festa nazionale né religiosa, ma una giornata da trascorrere insieme al proprio partner.
Tutti i preparativi devono essere fatti entro l’ultimo dell’anno, poi tutti i negozi chiudono e seguono tre giorni di vacanza chiamati Shōgatsu Sanganichi in cui lavorano solo gli addetti ai servizi primari (trasporti ad es.) e in occasione dei quali ciascuno ritorna alla propria casa.
Chi desidera può ascoltare a mezzanotte il Joya no kane, cioè i 108 rintocchi della campana (tsurigane) del tempio buddista. Altrettante sono le pene dell’uomo e ascoltando tutti i rintocchi ciascuno può esserne liberato.
Il primo dell’anno si fa visita ad altre famiglie a cui c’è l’usanza di donare un’offerta in denaro (otoshidama). In questi tre giorni molte persone visitano i santuari locali (hatsumairi), spesso indossando il loro kimono.
Un’usanza molto diffusa è spedire agli amici una cartolina di buon anno chiamata nengajō.
15, Seiji no hi (Giorno della maggiore età ) - Si festeggiano tutti i giovani che nell’anno compiono 20 anni. Questo evento segna il passaggio all’età adulta; inoltre I giovani possono cominciare a votare, bere e fumare. In questo giorno di festa nazionale le ragazze indossano il loro furisode.
FEBBRAIO
3, Setsubun – Si celebra un giorno prima dell’inizio della primavera secondo il calendario lunare e non è una festa nazionale. Per secoli i giapponesi hanno compiuto riti con lo scopo di cacciare gli spiriti malvagi. Durante il periodo Kamakura si tenevano lontani gli spiriti con l’odore di sardine bruciate, fumo e rumore di tamburi. Oggi il rito più diffuso è gettare fagioli tostati intorno alla casa e ai templi gridando: "Oni wa soto! Fuku wa uchi!" (demoni fuori, felicità dentro). Poi si raccoglie un numero di fagioli pari all’età e si mangiano.
11, Kenkoku kinenbi (Anniversario della Fondazione della Nazione);
14, Valentine’s Day – Solo le donne regalano cioccolata agli uomini, anche ai colleghi e al capoufficio.
MARZO
3, Hina matsuri (Festa delle bambole) – In questo giorno le famiglie augurano alle loro figlie successo e una vita felice. Questa festa ha origine in Cina, dove si pensava che la sfortuna sarebbe passata dalle ragazze alle bambole. Le bambole (hina) sono esposte nelle case insieme a fiori di pesco, in casa si beve sake dolce e si mangia chirashi sushi.
14, White Day – Gli uomini regalano cioccolata alle donne.
21, Shunbun no hi (Equinozio di primavera) – Festa nazionale.
APRILE E MAGGIO
Hanami
È il “rito” di contemplare i ciliegi in fiore durante tutto il mese; in autunno c’è il Kōyō, cioè la contemplazione delle foglie colorate degli aceri.
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La Settimana Dorata:
29 aprile, Midori no hi (Giornata della natura)
Anniversario della nascita dell’imperatore Hirohito, trasformata dopo la sua morte in una festa nazionale dedicate all’ambiente che lui amava moltissimo.
3 maggio, Kenpō kinenbi (Anniversario della Costituzione)Entra in vigore la Costituzione del 1947.
4 maggio, Kokumin no kyujitsu (Giorno centrale - ponte per far continuare la Golden Week)
5 maggio, Kodomo no hi (Giorno del bambino)
È il corrispondente maschile della festa delle bambole, in cui I genitori augurano ai loro figli maschi un futuro felice. Vengono appese fuori carpe di carta e esposte in casa bambole che raffigurano samurai a simboleggiare potere e successo.
LUGLIO
7, Tanabata matsuri – Secondo la leggenda, le stelle Kengyu (Altair) e Shokujo (Vega) che sono separate dal fiume del cielo Ama no gawa (la Via Lattea), lasciano il proprio posto per incontrarsi. Shokujo era una principessa figlia di un re celeste e di una tessitrice: un giorno mentre tesseva un abito per il padre alzò lo sguardo e vide un pastore che vegliava sulle sue mucche. Attratta dal giovane lasciò il suo lavoro e andò a conoscerlo. I due si innamorarono e decisero di sposarsi: la principessa smise di tessere e il giovane smise di guardare le mucche. Il re decise allora di separarli costringendoli a stare sulle due diverse sponde della Via Lattea e permettendo loro di incontrarsi solo una volta all’anno. La principessa era disperata perché non c’era alcun ponte ad unire le due sponde, così uno stormo di gazze si affollò tra le due rive consentendo ai due di attraversare il fiume. In passato le ragazze chiedevano alla principessa di diventare abili nella calligrafia e nella tessitura e i contadini chiedevano al pastore un buon raccolto. Rami di bambù vengono appesi fuori dalle case e decorati con esempi di calligrafia e kimono di carta come tributo alla principessa.
Terzo lunedì del mese, Umi no hi – Festa nazionale introdotta da poco, per celebrare l’oceano.
AGOSTO
14 – 16, Obon – È conosciuta dagli stranieri anche come Festa delle Lanterne, ma ricorda la ricorrenza di Ognissanti. Gli spiriti degli antenati morti fanno visita agli altari dedicati a loro nelle case dove vengono poste speciali offerte di cibo. Al tramonto del 16 del mese lanterne di carta colorata vengono accese e lasciate sul fiume affinché proteggano gli spiriti durante il ritorno verso la terra dei morti. In vista dell’Obon, le case e i cimiteri vengono puliti e si acquistano decorazioni, cibo e offerte presso il mercato allestito per l’occasione. Le decorazioni sono costituite da rami di pino e sakaki, entrambe piante sacre, insieme agli omochi (riso bollito lavorato fino a formare delle palline), frutta e incenso. Nei templi e nei cortili delle scuole si fa una danza comunitaria detta Bon Odori: i movimenti della danza sono scanditi dai canti e da un grosso tamburo. Di solito i partecipanti a questi eventi indossano lo yukata. I bambini amano gli hanabi, piccoli petardi accesi in occasione di ritrovo in famiglia.
SETTEMBRE E OTTOBRE
Terzo lunedì del mese, Keirō no hi (festa dell’anziano) – Festa nazionale.
23, Shubun no hi (Equinozio d’autunno) – Festa nazionale (in questo periodo si contempla la luna, Tsukimi).
Secondo lunedì di ottobre, Taiiku no hi (Giornata dello sport) – Anniversario dell’apertura dei giochi olimpici del ’64 a Tōkyō.
NOVEMBRE
3, Bunka no hi (Giorno della cultura).
15, Shichigosan (7, 5, 3) – Non è una festa nazionale, ma un giorno dedicato alle bambine di 3 e 7 anni e ai bambini di 3 e 5 anni, che visitano i santuari indossando il kimono, in occasione della quale si augura loro una crescita forte e sana.
23, Kinro kansha no hi (Giorno di ringraziamento per il lavoro) – Festa nazionale.
DICEMBRE
23, Tennō no tanjōbi (Compleanno dell’imperatore) – Festa nazionale che cambia in base alla data di nascita dell’imperatore sul trono.
25, Christmas (Natale) – Non è una festa nazionale né religiosa, ma una giornata da trascorrere insieme al proprio partner.
venerdì 22 giugno 2007
Estetica Tradizionale
Nell’opera di Kenkō Hōshi, Tsurezuregusa (Ore d’Ozio 1330-1333), troviamo alcuni dei principali ideali estetici della cultura giapponese. I gusti di Kenkō riflettono quelli dei nobili della corte Heian dei secoli prima e contribuiranno a formare le preferenze estetiche nei secoli successivi.
SUGGESTIONE - YUGEN
“Si devono forse ammirare i fiori solo quando sono in pieno rigoglio e la luna è tersa? (…)
I fiori che cadono e il tramontar della luna sogliono riempire l’animo di melanconia. Eppure solo qualcuno dal cuore totalmente insensibile potrebbe dire: “Questo o quel ramo ha i fiori appassiti: non c’è più nulla che valga la pena di esser visto”.
I giapponesi amano contemplare la fioritura degli alberi, ma amano contemplare anche i frutti e poi la caduta dei petali, delle foglie. Questo perché il momento di massima bellezza non lascia nulla all’immaginazione. I petali che cadono invece suscitano forti emozioni di nostalgia, di malinconia, la percezione della mutabilità delle cose, del tempo.
Ecco il concetto di yugen, che significa impenetrabile, oscuro, misterioso. Ogni esperienza cela dietro di sé altri misteri. La pittura a inchiostro ai tempi di Kenkō, porta la suggestione ai massimi livelli, in quanto suggerisce un’immagine con un solo segno del pennello, rappresenta un’intuizione di un aspetto della realtà, che non può mai essere afferrata nella sua completezza.
IRREGOLARITÀ
“In tutte le cose l’uniformità è brutta; il lasciarle incompiute le rende molto più interessanti, e sembra quasi che esse posseggano un maggior respiro.”
I giapponesi amano non solo l’incompletezza, ma anche l’asimmetria. In qualunque ambito: la poesia, la calligrafia, la decorazione, la sistemazione dei fiori o dei giardini. Pensiamo ad esempio alla disposizione di sabbia e pietre nel Ryoanji a Kyōto.
SEMPLICITÀ
“Una casa che non sia moderna né lussuosa, ma con un giardino dove le erbe crescano incolte e gli alberi abbiano aspetto vetusto, possiede attrattive, cui aggiungono grazia una veranda e un rado steccato, mentre anche gli oggetti più insignificanti ricordano il passato: è proprio questa disadorna semplicità ad apparire deliziosa.”
La cerimonia del the è forse l’esempio più lampante dell’amore dei giapponesi per la semplicità. Anche il cibo rispecchia l’amore per l’essenzialità, infatti la cucina giapponese non fa molto uso di spezie.
MUTEVOLEZZA
“Se l’uomo non svanisse mai come il fumo su Toribeyama, ma durasse per sempre in questo mondo, quante cose perderebbero il loro potere di commuoverci. La cosa più preziosa nella vita è la sua incertezza.”
Per Kenkō la mutevolezza è un elemento necessario nella bellezza. Si può dire che mentre gli occidentali costruiscono le cose in modo tale che durino a lungo, i giapponesi le costruiscono tali da richiedere di essere cambiate spesso. Questo perché profondamente consapevoli del mutare della realtà ed estremamente sensibili al trasformarsi della natura di cui sentono di condividere lo spirito.
da www.casazen.com
SUGGESTIONE - YUGEN
“Si devono forse ammirare i fiori solo quando sono in pieno rigoglio e la luna è tersa? (…)
I fiori che cadono e il tramontar della luna sogliono riempire l’animo di melanconia. Eppure solo qualcuno dal cuore totalmente insensibile potrebbe dire: “Questo o quel ramo ha i fiori appassiti: non c’è più nulla che valga la pena di esser visto”.
I giapponesi amano contemplare la fioritura degli alberi, ma amano contemplare anche i frutti e poi la caduta dei petali, delle foglie. Questo perché il momento di massima bellezza non lascia nulla all’immaginazione. I petali che cadono invece suscitano forti emozioni di nostalgia, di malinconia, la percezione della mutabilità delle cose, del tempo.
Ecco il concetto di yugen, che significa impenetrabile, oscuro, misterioso. Ogni esperienza cela dietro di sé altri misteri. La pittura a inchiostro ai tempi di Kenkō, porta la suggestione ai massimi livelli, in quanto suggerisce un’immagine con un solo segno del pennello, rappresenta un’intuizione di un aspetto della realtà, che non può mai essere afferrata nella sua completezza.
IRREGOLARITÀ
“In tutte le cose l’uniformità è brutta; il lasciarle incompiute le rende molto più interessanti, e sembra quasi che esse posseggano un maggior respiro.”
I giapponesi amano non solo l’incompletezza, ma anche l’asimmetria. In qualunque ambito: la poesia, la calligrafia, la decorazione, la sistemazione dei fiori o dei giardini. Pensiamo ad esempio alla disposizione di sabbia e pietre nel Ryoanji a Kyōto.
SEMPLICITÀ
“Una casa che non sia moderna né lussuosa, ma con un giardino dove le erbe crescano incolte e gli alberi abbiano aspetto vetusto, possiede attrattive, cui aggiungono grazia una veranda e un rado steccato, mentre anche gli oggetti più insignificanti ricordano il passato: è proprio questa disadorna semplicità ad apparire deliziosa.”
La cerimonia del the è forse l’esempio più lampante dell’amore dei giapponesi per la semplicità. Anche il cibo rispecchia l’amore per l’essenzialità, infatti la cucina giapponese non fa molto uso di spezie.
MUTEVOLEZZA
“Se l’uomo non svanisse mai come il fumo su Toribeyama, ma durasse per sempre in questo mondo, quante cose perderebbero il loro potere di commuoverci. La cosa più preziosa nella vita è la sua incertezza.”
Per Kenkō la mutevolezza è un elemento necessario nella bellezza. Si può dire che mentre gli occidentali costruiscono le cose in modo tale che durino a lungo, i giapponesi le costruiscono tali da richiedere di essere cambiate spesso. Questo perché profondamente consapevoli del mutare della realtà ed estremamente sensibili al trasformarsi della natura di cui sentono di condividere lo spirito.
da www.casazen.com
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