martedì 14 agosto 2007

La cultura dell' Incenso


Il Giappone scopre l'incenso (koh) grazie ai contatti con l'Asia continentale (pare verso il 500 d.C) e se ne innamora immediatamente, elevandone l'uso allo stato di arte, anzi di Via: Koh-do, la Via dell'Incenso.
L'ingrediente fondamentale degli incensi giapponesi è un albero tropicale, chiamata Jinkoh (ancora oggi importato dall'Asia tropicale) di cui i Maestri giapponesi hanno individuato le svariate fragranze e proprietà, o meglio un complesso metodo di descrizione. Infatti è impossibile definire tutte le fragranze poiché non vi sono due jinkoh uguali (la fragranza dipende dall'età, dal luogo geografico, dalle condizioni climatiche, dal tipo di terra, dalla parte dell'albero stesso...).
A denotare questa peculiarità, ai frammenti più preziosi ed unici viene addirittura attribuito un nome personale!
L'incenso in Giappone viene "preparato" in diverse forme:
Bastoncini (senkoh): realizzati con miscele di minimo 7 ingredienti diversi.
Polvere (shokoh): in miscela, utilizzata soprattutto nei riti buddhisti
Palline (nerikoh): palline di polveri miscelate, mescolate assieme con miele e poi "invecchiate" in vasi sotterrati per almeno 3 anni.
Sacchettini (nioi-bukuro): gli ingredienti naturali dell'incenso (ovvero le polveri di legno al naturale, non lavorate) vengono posti in sacchettini preziosamente decorati, utilizzati per profumare la casa, i vestiti, per essere portati addosso (anche nelle maniche del kimono femminile).
Sono ritenuti anche un talismano per scacciare le presenze malefiche.
Coni (ensuikoh): una soluzione piuttosto moderna, ma uguale nella sostanza dei materiali ai bastoncini (forse più pratica nell'uso).
Attorno all'uso dell'incenso è fiorita nei secoli un'arte dedicata agli accessori (bruciatori, pinze...) ed alla socialità: dei veri e propri giochi di società legati alla letteratura tradizionale ed alle fragranze dell'incenso.
Un gioco invero raffinatissimo...


mercoledì 1 agosto 2007

LA CADUCITA' - "Furyu"

Caduco (dal latino CÀDERE): che presto cade. Che ha breve durata.

Questo è un tema particolarmente forte nella cultura giapponese tradizionale e forse uno dei più interessanti per le vaste ricadute in svariati ambiti artistici (dalla pittura alla letteratura).
La caducità è sicuramente legata all'impermanenza, concetti insomma che portano ad una visione del mondo (nel macro e microcosmo) molto "fluttuante", più che stabile, granitica, ordinata.Un tipo di visione che sicuramente ha avuto in Oriente le sue più alte vette (in un lungo cammino dall'India brahaminica agli eremi di montagna giapponesi), ma che ha trovato anche in "occidente" fertile terreno: ricordo qui solamente la speculazione sul mondo di Marco Aurelio e l'intero movimento Romantico europeo, (tralasciando la filosofia greca pre-socratica che forse è più difficilmente collocabile in una concezione classica di "occidente"), per quanto non si possa assolutamente affermare che sia una delle tematiche fondanti del nostro mondo attuale occidentale (cui si sta avvicinando sempre più anche il Giappone).

La caducità è la caratteristica fondamentale della più alta forma di bellezza nella percezione estetica giapponese, denotata dal termine Furyu (da "fu" vento, e "ryu" scorrere, acqua).

La bellezza deve essere insomma ricercata non nella "cosa" ma nell'interezza dei legami, delle implicazioni di ciò che sta avvenendo, in un dato istante. Questo istante è come un punto di equilibrio momentaneo della creazione nel suo naturale svolgimento, ed in quanto tale può essere anche considerato fuori dal tempo, assoluto, per questo degno di essere elevato a simbolo di bellezza.Ma, si badi bene, non "cristallizzato", non è un "fotogramma" della realtà...credo che il modo migliore per capirlo sia proprio quello del punto di equilibrio che dura un istante, una fase di transizione da noi percettibile.


Petalo rosa
stancamente appeso al ramo
cade